Rime (Stampa)/Rime d'amore/CXXIX
Questo testo è stato riletto e controllato. |
Gaspara Stampa - Rime (XVI secolo)
◄ | Rime d'amore - CXXVIII | Rime d'amore - CXXX | ► |
CXXIX
Si ribella ad un’ingiusta accusa di lui.
O mia sventura, o mio perverso fato,
o sentenzia nemica del mio bene,
poi che senza mia colpa mi conviene
portar la pena de l’altrui peccato.
Quando si vide mai reo condannato
a la morte, a l’essilio, a le catene
per l’altrui fallo e, per maggior sue pene,
senza esser dal suo giudice ascoltato?
Io griderò, signor, tanto e sí forte,
che, se non li vorrete ascoltar voi,
udranno i gridi miei Amore o Morte;
e forse alcun pietoso dirá poi:
— Questa locò per sua contraria sorte
in troppo crudo luogo i pensier suoi.