Rime (Stampa)/Rime d'amore/CCXLII
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CCXLII
Egli è alla guerra: ella ne trema,
e rimpiange l’etá che non conobbe guerre.
Da piú lati fra noi, conte, risuona,
che voi sèt’ito, ove disio d’onore
sotto Bologna vi sospinge e sprona,
per mostrar ivi il vostr’alto valore:4
valor degno di tanto cavaliero,
ma non degno però di tant’amore.
Io, quando a la ragion volgo il pensiero,7
godo meco, e gioisco, e vo lodando
che cosí prode amante i ciel mi diêro.
Ma quando poi ritorno al senso, quando10
penso ai perigli, onde la guerra è piena,
che Marte a’ figli suoi va procacciando,
di timor in timor, di pena in pena13
meno questa noiosa e mesta vita
(mentre voi foste qui, dolce e serena),
me accusando ch’io non fossi ardita16
di finir con un colpo i dolor miei,
anzi che voi da me féste partita.
Felice è quella donna, a cui li dèi19
han dato amante men illustre in sorte,
e men vago di spoglie e di trofei;
col qual le sue dimore lunghe e corte22
trapassa lieta, avendol sempre a lato,
fido, costante, valoroso e forte.
Felice il tempo antico e fortunato,25
quando era il mondo semplice e innocente,
poco a le guerre, a le rapine usato!
Allor quella beata e queta gente,28
sotto una amica e cara povertate,
menava i giorni suoi sicuramente.
Allor le pastorelle innamorate31
avean mai sempre seco i lor pastori,
dai quai non eran mai abbandonate.
Con lor dai primi matutini albori34
scherzavan fin al dipartir del sole,
lietamente cogliendo e frutti e fiori.
Ed or di vaghe rose e di viole37
tessevan vaghe ghirlandette e care,
come chi sacri altari onora e cole.
Né la quiete lor potea turbare40
l’émpito de le guerre amaro ed empio,
che l’umane allegrezze suol cangiare:
guerre che fan di noi sí crudo scempio,43
guerre che turban sí l’umano stato,
guerre suggetto d’ogni crudo essempio.
Ben fu fiero colui, per cui trovato46
fu prima il ferro, causa a tanti mali,
quanti il mondo prova ora ed ha provato.
Le guerre e le battaglie de’ mortali49
erano tutte in quella etá novella
contra i semplici e poveri animali;
contra’ quali il pastor, la pastorella52
con rete in spalla e con lacci e con cani
givan cingendo questa selva e quella.
Ma poi quegli appetiti ingordi, insani55
di posseder l’altrui robe e l’avere
da l’antica pietá si fêr lontani.
Quindi si cominciar prima a vedere58
le crude guerre e strepiti de l’armi,
che fan, misere noi, tanto temere.
Allor sonare i bellicosi carmi61
s’udiro per citade e per campagne,
contra’ quai ogni stil convien che s’armi.
Di lor convien ch’io mi lamenti e lagne:64
la lor mercede, il mio signor m’è lunge;
per lor non è chi, lassa, m’accompagne.
Voi, se zelo d’Amor pur poco punge,67
cavalier onorati, se si trova
alcun, cui Marte dal suo ben disgiunge,
dimostrate in altrui la vostra prova,70
perdonate cortesi al signor mio,
in cui morir e viver sol mi giova.
L’aspetto suo devria sol far restio73
l’émpito d’ogni cruda ed empia mano,
senza che lo chiedessi umilment’io;
la qual con quanto posso affetto umano76
con quanta posso estrema cortesia
(e giunga il prego mio presso e lontano)
prego ch’ardito alcun di voi non sia79
d’offender pur un poco un signor tale,
e turbar seco ancor la vita mia.
E voi, conte, voi, animo reale,82
provato e riprovato in ogni impresa,
deh, se di me pur poco ancor vi cale,
quando sará l’aspra battaglia accesa,85
andate cauto, ed abbiate rispetto
a me, tutta per voi dubbia e sospesa.
E pensate che sia nel vostro petto88
l’anima mia con la vostr’alma unita,
quasi in suo proprio e suo alto ricetto.
E sí come pensaste a la partita,91
pensate, conte, omai anco al ritorno,
se voi cercate di tenermi in vita;
ch’io vi vo richiamando notte e giorno.94