Rime (Berni)/LXIV. Sonetto della casa del Bernia

LXIV. Sonetto della casa del Bernia

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Francesco Berni - Rime (XVI secolo)
LXIV. Sonetto della casa del Bernia
LXIII. LXV.

  
La casa che Melampo in profezia
disse ad Ificlo già che cascarebbe,
onde quei buoi da lui per merito ebbe
4d’essere stato a quattro tarli spia,
  
con questa casa, che non è ancor mia
né forse anco a mio tempo esser potrebbe,
in esser marcia gli occhi perderebbe:
8messer Bartolomeo, venite via.
  
La prima cosa in capo arete i palchi,
non fabricati già da legnaiuoli,
11ma più presto da sarti o marescalchi;
  
le scale saran peggio ch’a piuoli;
non arem troppi stagni o oricalchi,
14ma quantità di piattelli et orciuoli,

                con gufi et assiuoli
dipinti dentro e la Nencia e ’l Vallera;
17e poi la masserizia del Codera,

                come dir la stadera,
un trespolo scoppiato et un paniere,
20un arcolaio, un fiasco, un lucerniere.

                Mi par così vedere
farvi, come giungete, un ceffo strano
23e darla a dietro come fé Iordano,

                borbottando pian piano
ch’io mi mettessi con voi la giornea,
26come già fece Evandro con Enea;

                e trar via l’Odissea
e le grece e l’ebraice scritture,
29considerando queste cose scure.

                Messer, venite pure:
se non si studierà in greco o ebreo,
32si studierà, vi prometto, in caldeo;

                et avremo un corteo
di mosche intorno e senz’altra campana
35la notte e ’l dì sonaremo a mattana.

                Ma sarebbe marchiana,
ciò è vo’ dir sarebbe forte bello,
38se conduceste con voi l’Ardinghello.

                Faremo ad un piattello,
voi e mia madre et io, le fante e’ fanti;
41poi staremo in un letto tutti quanti,

                e levarénci santi,
non che pudichi, e non ci sarà furia,
44sendo tutti ricette da lussuria.