LXV.

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LXIV. Sonetto della casa del Bernia LXVI.

Testo A: Capitolo a Fra Bastian dal Piombo


Padre, a me più che gli altri reverendo
che son reverendissimi chiamati,
3e la lor reverenzia io non l'intendo;
  
padre, reputazion di quanti frati
ha oggi il mondo e quanti n'ebbe mai,
6fin a que' goffi de gli Inghiesuati;
  
che fate voi da poi che vi lasciai
con quel di chi noi siam tanto divoti,
9che non è donna e me ne inamorai?
  
Io dico Michel Agnol Buonarroti,
che quand'i' 'l veggio mi vien fantasia
12d'ardergli incenso ed attaccargli voti;
  
e credo che sarebbe opra più pia
che farsi bigia o bianca una giornea,
15quand'un guarisse d'una malattia.
  
Costui cred'io che sia la propria idea
della scultura e dell'architettura,
18come della giustizia mona Astrea,
  
e chi volesse fare una figura
che le rapresentasse ambe due bene,
21credo che faria lui per forza pura.
  
Poi voi sapete quanto egli è da bene,
com'ha giudicio, ingegno e discrezione,
24come conosce il vero, il bello e 'l bene.
  
Ho visto qualche sua composizione:
son ignorante, e pur direi d'avélle
27lette tutte nel mezzo di Platone;
  
sì ch'egli è nuovo Apollo e nuovo Apelle:
tacete unquanco, pallide vïole
30e liquidi cristalli e fiere snelle:
  
e' dice cose e voi dite parole.
Così, moderni voi scarpellatori
33et anche antichi, andate tutti al sole;
  
e da voi, padre reverendo, in fuori
chiunque vòle il mestier vostro fare,
36venda più presto alle donne e colori.
  
Voi solo appresso a lui potete stare,
e non senza ragion, sì ben v'appaia
39amicizia individua e singulare.
  
Bisognerebbe aver quella caldaia,
dove il socero suo Medea rifrisse
42per cavarlo de man della vecchiaia,
  
o fosse viva la donna di Ulisse,
per farvi tutti doi ringiovenire
45e viver più che già Titon non visse.
  
Ad ogni modo è disonesto a dire
che voi, che fate e legni e' sassi vivi
48abbiate poi come asini a morire:
  
basta che vivon le quercie e gli ulivi
e' corbi e le cornacchie e' cervi e' cani
51e mille animalacci più cattivi.
  
Ma questi son ragionamenti vani,
però lasciàngli andar, ché non si dica
54che noi siam mamalucchi o luterani.
  
Pregovi, padre, non vi sia fatica
raccomandarmi a Michel Agnol mio
57e la memoria sua tenermi amica.
  
Se vi par, anche dite al papa ch'io
son qui e l'amo e osservo e adoro,
60come padrone e vicario di Dio;
  
et un tratto ch'andiate in concistoro,
che vi sian congregati e cardinali,
63dite "a Dio" da mia parte a tre di loro.
  
Per discrezion voi intenderete quali,
non vo' che mi diciate: "Tu mi secchi";
66poi le son cerimonie generali.
  
Direte a monsignor de' Carnesecchi
ch'io non gli ho invidia de quelle sue scritte,
69né de color che gli tolgon li orecchi;
  
ho ben martel di quelle zucche fritte,
che mangiammo con lui l'anno passato:
72quelle mi stanno ancor ne gli occhi fitte!
  
Fatemi, padre, ancor raccomandato
al virtüoso Molza gaglioffaccio,
75che m'ha senza ragion dimenticato;
  
senza lui parmi d'esser senza un braccio:
ogni dì qualche lettera gli scrivo
78e perché l'è plebea da poi la straccio.
  
Del suo signor e mio, ch'io non servivo,
or servo e servirò presso e lontano,
81ditegli che mi tenga in grazia vivo.
  
Voi lavorate poco e state sano:
non vi paia ritrar bello ogni faccia;
84a Dio, caro mio padre fra Bastiano,
  
a rivederci ad Ostia a prima laccia.


Testo B: Risposta di Fra Bastiano [scritta da Michelangelo]

  
Com'io ebbi la vostra, signor mio,
cercand'andai fra tutti e cardinali
3e diss'a tre da vostra part'addio.
  
Al Medico maggior de' nostri mali
mostrai la detta, onde ne rise tanto
6che 'l naso fe' dua parti dell'occhiali.
  
Il servito da voi pregiat'e santo
costà e qua, sì come voi scrivete,
9n'ebbe piacer, che ne ris'altro tanto.
  
A quel che tien le cose più secrete
del Medico minor non l'ho ancor visto;
12farebbes'anche a lui, se fusse prete.
  
Ècci molt'altri che rinegon Cristo
che voi non siate qua; né dà lor noia,
15ché chi non crede si tien manco tristo.
  
Di voi a tutti caverò la foia
di questa vostra; e chi non si contenta
18affogar possa per le man del boia.
  
La Carne, che nel sal si purg'e stenta,
che saria buon per carbonat'ancora,
21di voi più che di sé par si rammenta.
  
Il nostro Buonarroto, che v'adora,
visto la vostra, se ben veggio, parmi
24ch'al ciel si lievi mille volte ogn'ora;
  
e dice che la vita de' sua marmi
non basta a far il vostro nom'eterno,
27come lui fanno i divin vostri carmi.
  
Ai qual non nuoce né state né verno,
dal temp'esenti e da morte crudele,
30che fama di virtù non ha in governo.
  
E come vostro amico e mio fedele
disse: "Ai dipinti", visti i versi belli,
33"s'appiccon voti e s'accendon candele.
  
Dunque i' son pur nel numero di quelli,
da un goffo pittor senza valore
{{R|36cavato a' pennell'e alberelli.
  
Il Bernia ringraziate per mio amore,
che fra tanti lui sol conosc'il vero
39di me; ché chi mi stim'è 'n grand'errore.
  
Ma la sua disciplin'el lum'intero
mi può ben dar, e gran miracol fia,
42a far un uom dipint'un uom da vero".
  
Così mi disse; e io per cortesia
vel raccomando quanto so e posso,
45che fia l'apportator di questa mia.
  
Mentre la scrivo a vers'a verso, rosso
diveng'assai, pensand'a chi la mando,
48send'il mio non professo, goffo e grosso.
  
Pur nondimen così mi raccomando
anch'io a voi, e altro non accade;
51d'ogni tempo son vostro e d'ogni quando.
  
A voi nel numer delle cose rade,
tutto mi v'offerisco, e non pensate
54ch'i' manchi, se 'l cappuccio non mi cade.
  
Così vi dico e giuro, e certo siate,
ch'i' non farei per me quel che per voi:
57e non m'abbiate a schifo come frate.
  
Comandatemi, e fate poi da voi.