Rime (Andreini)/Sonetti CLXXIX-CLXXX

Sonetti CLXXIX-CLXXX

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Del molto Illust. Sig.

GIO. TOMASO GALLARATI

SONETTO CLXXVIIII.


F
Atto per tè Comica illustre i’ veggio

Di studio, e di saver famoso loco
     Questo, ove già parèa, che ’l riso, e ’l gioco
     Soli havesser l’Impero, e ’l proprio seggio.
Quì come in dotta scola attento seggio
     Frà mill’altri al tuo dir, ch’à l’alma è foco;
     E ’nver, se tante cose in così poco
     Tempo sì ben n’insegni, io che più chieggio?
Come si volga il Ciel, come s’aggiri
     Ogni Pianeta a la sua sfera intorno,
     E virtute à le piante, à l’herbe inspiri.

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Come n’apporte il Sole, e notte, e giorno
     Per tè sì chiaro avvien, c’hoggi si miri,
     Che n’hà Roma, ed Atene invidia, e scorno.


Risposta.

SONETTO CLXXX.


Q
Ualhora per sottrar la mente grave

A gravi studi, il tuo pensiero intende
     A l’alma Clìo, chi più di te risplende,
     O qual è più di tè nel dir soave?
Se d’amor canti hai d’ogni cor la chiave,
     E ’l marmo intenerisce, e ’l gielo incende
     Lo stil, che sovr’ogn’altro il volo stende,
     E de l’invido oblìo tema non have.
S’alcuno poi di tue gran lodi honori,
     Fuor del sepolcro il traggi; e frà più degni
     Del tempo ingiurioso i colpi schiva;
Se premio al ben, se dai pena à gli errori,
     Il viver, e ’l morir giusto n’insegni
     Hor chi per fama a tanto pregio arriva?