Rime (Andreini)/Canzonetta morale X
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La miseria humana esser commune à tutti.
Canzonetta morale X.
Preme l’aureo Monton del Mar infido;
E mentre Friso ei trahe securo al lido
Helle riman nel pelago spumoso.
Piange il fanciul la misera sorella,
Che dà con la sua morte à l’onde il nome;
Poi frena il duolo, e si rallegra come
Sè vede fuor de l’aspra, e ria procella.
Deucalion con ciglio asciutto mira,
E la fida consorte l’Universo
Da l’onda ultrice homai tutto sommerso,
Poi ch’essi hanno del Ciel fuggita l’ira.
Hor tù, ch’afflitto sì tuo Fato piagni
Dicendo lasso me, qual son? qual fui?
Volgi la mente à le sventure altrui,
E vedrai quanti hai nel dolor compagni.
Vedi quel legno tù dai flutti absorto
De l’Oceàn, vedi le merci erranti,
E come à gran fatica i Naviganti
Già gravi d’or giungono ignudi al porto.
Mira colui, che ’n duro carcer langue,
O quel cui fiume irato allaga i campi,
Od altro, à cui tutto l’albergo avampi,
O quel, che piange unico figlio essangue.
Deh mira quelli, cui furor di Marte
Lunge discaccia dal natìo terreno,
O trahe cinti di ferro à gli empi in seno
C’han del Mondo (sua colpa) hor sì gran parte.
Alhor per te medesmo i pianti amari
Rasciugherai, alhor fien dolci i mali.
Tu i ricchi, tù i felici da’ mortali
Togli e fien gli altri à la tua sorte pari.
Dolce è ’l lagnarsi alhor, che ne i lamenti
Consorti habbiam, e quei, ch’allegro il volto
Altrui non vede alhor, che ’n pene avvolto
Si scorge, chiama i suoi desir contenti.
Ma tù famoso Bisaccion, che tanto
Intendi e sai, col tuo saver profondo
M’acquista fè; che de gli affanni il pondo
Serba la gioia; ed è nel riso il pianto.
Di tù, che quei, che più di gemme splende
Talhor si duol; ch’alterna il mal, e ’l bene
Il Ciel. che quel, che più beàto huom tiene
Con la Fortuna sua spesso contende.