Rime (Andreini)/Canzone I

Canzone I

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Sonetto VIII Madrigale I
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UNA NINFA INVOCA

il Sonno.

CANZ. I.


S
Onno soave, e dolce

Lascia le chiuse tue fosche latebre;
     E con l’ombra tua placida, e gradita,
     Ch’ogn’aspro affanno molce
     Chiudi l’humide mie gravi palpebre.
     Soccorri à la mia vita
     O del Silentio, e de la Notte figlio,
     E serenando il mio turbato ciglio
     La tua quiete amica
     In parte acqueti la mia doglia antica.
Sciogli lo spirto mio
     Da queste membra sue terrene, e frali;
     Affretta il tuo venir bramato Sonno,
     Adempi il mio desio.
     Le mie sciagure ò dolce oblio de’ mali
     Da me partir non ponno
     Se tu dolce volando à me non riedi.
     Cortese Dio, pietoso Dio non vedi,
     Non vedi (ohime) che solo
     Da te soccorso attende il mio gran duolo?
Chiudi questi occhi homai
     S’occhi pur son, ch’à me sembran duo Fonti
     D’amarissimo pianto. ò Sonno amato,
     Caro Sonno che fai?
     Hor tace il Mar, tacciono e ’n selve, e ’n Monti
     Le belve; e del mio stato
     Duro io sola mi doglio, e vò piangendo:
     Da te però qualche conforto attendo;

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     O del mio core spene
     Dunque sopisci tù l’aspre mie pene.
Già gli Animai pur tutti
     Questi si stanno e le noiose cure
     Poste in oblìo si posan nel tuo seno;
     Io trà sospiri; e lutti
     Ne i freddi horrori, e ’nfrà le larve oscure
     Onde l’aer’ è pieno
     Ardo infelice; e già la notte è scorsa
     Oltre ’l meridian termino, e l’orsa
     Sparisce à rai del Sole,
     Nè de l’aspro mio duolo ancor ti duole.
Ahi solo aperti al pianto
     Staranno gli occhi miei mentre à viventi
     Chiuderalli dolcissima quiete?
     Sonno deh perche tanto
     Tardi à recar conforto à miei tormenti?
     Per me l’onda di Lete
     E secca dunque? ò Sonno à le mie doglie
     Pon fine homai, se la tua bella moglie
     Con dolcissime tempre
     Nel foco del tu’ amore avampi sempre
Gradito ozio de l’alme
     S’à le mie voglie ti dimostri amico.
     Ti prometto l’augel nunzio del giorno
     Sacrar con queste palme.
     A te solo fia dato un’antro antico
     D’edera cinto intorno,
     Ove prender potrai dolce riposo.
     Di papavero grato, e sonnacchioso
     Havrai corona vaga;
     Dunque col tuo venir mia mente appaga.

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Deh vieni, e teco adduci
     I tuoi ministri, che con l’ombre loro
     Co’ mendaci fantasmi à gli occhi miei
     Mostrin le amate luci,
     E ’l bel sembiante di colui, ch’adoro,
     Per cui l’alma perdei.
     Deh Sonno pria, che ’l Sole i lumi altrui
     Apra, serra pietoso questi dui,
     E chiusi mirin pio
     Lui, ch’aperti mirar soglion sì rio.
Canzon io chiamo il Sonno, e non m’avveggio,
     Ch’egli dormendo stassi,
     E non ode i miei preghi afflitti, e lassi.