Renovatione della Chiesa/Lettere dettate in estasi/VIII

Lettera VIII

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Lettere dettate in estasi - VII Lettere dettate in estasi - IX

Al’ Nome del’ Antica e nuova Verità

Alla R.da M.re S.or Veronica [Lapparelli, O.C.]

a Cortona

La vostra in CHRISTO Jesu figliuola ad immagine dello eterno et incomprensibile Dio, inutile più che creatura nessuna che sia sotto Dio, sforzata da Christo crocifisso, impazzito e innamorato delle sua creature, a farvi noto la sua volontà et un desiderio che è nell’intrinsico vostro, ancor da voi forse non conosciuto. Non vò dire a quella che creda sia da Dio, ma penso gioirà per il contento che sia venuto sì felice tempo; ma ben penoso a chi gli ha dar principio.

Ma che è questo che vi ha far cosi gioire? Altro che la renovatione della sposa Chiesa; ma c’è bisogno ancora de vostri sospiri e fatiche. Dhe faccian sì, dhe faccian sì che veggiamo una volta ben cultivato il giardino della santa Chiesa! Andianlo annaffiando col Sangue di Christo crocifisso, e mandian giù la rugiada delle lacrime sparse per il continuo desiderio di ridurre l’anime a lui, acciò con la sposa possian dire allo Sposo che venga nell’orto e pigli e frutti sua: veniat Dilectum meum in ortum suum et comedas fructum pomorum suorum (Cant. 5,1). Questo è quell’orto nel quale il Verbo eterno, dolce Sposo nostro, desidera venire e collocarsi, et quivi dare distribuire e comunicare infinite gratie all’anime nostre, acciò che in quel tremendo dì del giuditio possian comparire inanzi all’eterno Padre addorne di virtù, acciò non habbia a dire a noi come alle vergine stolte: nescio vos (Mt. 25,12).

Venendo il Verbo eterno in terra e incarnandosi, adattò la terra pigliando carne di Maria che era di terra; et in tutta la suo vita andò seminando vaghi fiori e piante delle sua dolce parole e suavi comandamenti, come disse lui che il suo giogo è suave e il peso lieve (cf. Mt. 11,29). Ah, che se penetrassino questo e religiosi, tanto allontanati da lui per mettere in oblivione i voti che hanno promesso, osserverebbon la povertà, l’obedientia e l’altre promesse fatte. Ma è che le contraddicono alla parola della Verità e mostron che i sola comandamenti sieno impossibili a osservare perché non penetron la dolcezza e suavità che si trova in essi. Se penetrassino quanto che è lieve il peso di Dio, lo piglierebbon con sommo desiderio. Il peso che ci dà Dio non è altro che l’osservanza de sua comandamenti, li quali tutti consistono in amare; ma loro si fanno un peso grave e insopportabile perché non par loro potergli osservare, e scambiono l’amore perché, in cambio di amare Dio, amano lor medesimi.

Non possono stare insieme questi dua amori tanto contrari, l’amor di Dio e quel di se stesso, sendo differenti l’un dall’altro quanto è il diaccio dal fuoco. Ma fa bene in noi l’amor di Dio quel che fa il fuoco al diaccio, che lo fa risolvere in acqua; et così noi aprendo la porta del cuor nostro all’amor di Dio, esso risolve in noi ogni amor proprio, ma bisogna apriano la porta.

Piantò l’amoroso Verbo la vite in questo giardino quando andando alla passione ci lassò se stesso, come disse poi a sua apostoli: ego sum vitis vera et Pater meus agricola est; ego sum vitis vera et vos palmites, qui manet in me et ego in eo (o Dio mio che fa?), hic fert fructum multum (Jo. 15,1-5). Andiamoci inebriando del vino che fruttifica questa dolce vite; stiamo sotto la sua ombra dove piglieremo riposo e saremo liberati da nimici e difesi da ogni sole del maladetto rispetto humano che, a guisa di sole, ci va diseccando ogni dono e gratia che Dio ci comunica e vorrebbe comunicare.

Piantò e frutti e dette compimento a questo giardino in croce, anzi dette forza a tutti i Sacramenti in virtù del Sangue, che a guisa di frutti ci vanno nutrendo parte che stiamo in questa vita per condurci al nostro vero fine, Dio eterno principio che non ha mai conosciuto principio, antica e nuova Verità. In principio erat Verbum et Verbum erat apud Deum et Deus erat Verbum (Jo. 1,1). Son molti in questo giardino che si cibono de cibi di esso, ma son pochi quelli che vogliono inmitare l’Auttore di essi. Son molti quelli che pigliono l’obbligo di trattare e frutti di esso, dico e SS.mi Sacramenti; ma pochi quelli che voglino affaticarsi a seminare, mietere e cultivare esso giardino mediante il Verbo di Dio. Molti sono che arrecono puzza e fetore al giardino col desiderio di posseder le cose create da Dio e fare in tutto la loro maladetta volontà, et cibonsi di terra, privandosi della visione e fruitione di Dio; e ciberannosi poi sempre del cibo dell’eterna dannatione. Non vorremo forse haver lo stimolo; ma lo innamorato di Paulo diceva che haveva lo stimolo della carne che era contrario a quel dello Spirito (cf. 2 Cor. 12,7). O, se lui che era a tanta perfetione haveva tale stimolo, quanto più noi che non siamo a tal perfetione habbiamo havere esso stimolo; ma non già acconsentire a quello che esso stimolo ci invita.

Dhe faccian sì, o mia charissima Madre, che siamo vere nutrice nella Chiesa di Dio, e stieci sempre in mente quel che disse David: Melius est modicum iusto super divitias peccatorum multas (cf. Ps. 36,16), elegi abiectus esse in domo Dei mei, magis quam habitare in tabernaculis peccatorum (Sl. 83,11). Et quando ci bisognassi levar la bocca dalle mammelle del nostro dolce Sposo per ridur l’anime a lui, lo dobbian fare, perché è ben giusto che i più forti lascino il latte per darlo a più parvolini di mano in mano, e cibarsi di pane, alcune volte ben duro e secco. Ma c’è un vasello dove si può intignere, dico che c’è il Corpo del nostro humanato Verbo pieno d’innumerabile piaghe, dove ci possiamo ascondere e attrarre ogni dolcezza.

Dhe faccian sì, dhe faccian sì che conduchiamo tanti e tante consecrati a lu?i, al suo petto, che possino una volta gustar di Dio: gustate et videte quoniam suavis est Dominus (Sl. 33,9) (ma a chi Iddio mio?) a chi ti teme. O sì, che il principio della sapientia è il timore (cf. Ps. 110,10); et queste dua virtù che mancono a loro, cioè il timore e amore, hanno a essere a guisa di dua l’ami per ridurgli e condurgli a Dio, perché tutti non si parton da Dio per timore e tutti non ritornono a lui per timore. Non si parton per timore di perder le cose transitorie o il favore delle creature, e non ritornono a lui per timore di patire le pene dell’inferno. Tutti non si parton da Dio per amore di lor medesimi, e non ritornono a lui per amor di honorarlo, ma per timore di non patire le pene dell’inferno. Et ancor che questa via non sia perfetta, è da contentarsene, purché ritornino per qualche via al vero vivere religioso.

Alcuna volta le nutrice pigliono i parvolini in su le proprie braccia: a questo invito la mia charissima Madre in Christo Jesu, non solo à condurre i parvolini al costato dello svenato Agnello, ma alcuna volta a pigliargli sopra le proprie braccia, offerendo tutte le sua operatione per adempire tal opera e voler di Dio. Et la prego ancora che facci fare oratione a tutte le sua reverende madre e sorelle per tal opera è volere, e volere, e volere di Dio; e nella sua intrinsica unione gli piaccia offerir me, misera miserabile serva sua.

Permanga ne suavi e castissimi abbracciamenti del nostro amorosissimo Sposo e increata Sapientia; piaccia a esso amorosissimo Sposo Christo Jesu darci gratia che ci spogliamo tutte di noi e vestiamoci di lui. La prego mi dia la sua beneditione.

JESU, JESU, JESU.

Del nostro monasterio Santa Maria delli Angeli in Borgo San Friano, il dì 4 d’agosto 1586.

L’humile Ancilla dell’humanato Verbo

S.or M.a Maddalena de’ Pazzi