Renovatione della Chiesa/Lettere dettate in estasi/IX

Lettera IX

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Lettere dettate in estasi - VIII Lettere dettate in estasi - X

Alla Molto Ven.da in Christo Madre Suor Catherina de Ric[ci] Venerabile Mon.o di San [Vincen]tio mia nel’ Signor Charissima.

A Prato.

Molto R.da in Christo Madre S.or Catherina, Saluto

La sua indegna figliuola e humile ancilla dello svenato Agnello nostro amoroso Sposo.

Favellando familiarmente con l’amorosa sposa del nostro amoroso Sposo Christo JESU, gli farò noto una opera che, se di già non è stata prevenuta, so che gli sarà gratissimo. Dico che son constretta dalla prima Verità a farvi noto una opera ab eterno ordinata, e à eletto chi l’ha metter in opera. Dico della rennovatione della santa Chiesa, la quale non penso che sia meno in desiderio nostro che in volontà di Dio; conoscendo che è quasi impossibile che Dio ritenga più la giusta ira sua e che solo, solo, solo le offerte che gli son fatte del Sangue et quello che ritiene che non manda la vendetta a tanti persecutori sua.

Però sono sforzata dal nostro dolce Sposo a dirgli che voglia accender nuove legne dell’amor di Dio nel suo cuore, et non mancherà di incitare e provocare tutte l’altre sua reverente madre e sorelle a accendersi nuovo fuoco di esso amore di Dio che ardino e lor petti, e tanta sia la fiamma che esca dal lor monasterio, che provochino a riscaldare tanti cuori addiacciati nell’amor proprio e propria volontà e desiderio delle cose terrene. Et non dubito che le lor preghiere saranno tante saette che vulnereranno el cuore del nostro Sposo e lo provocheranno a mandar giù altre e tante saette dell’amor suo alle tanto disunite anime consecrate a Lui, che forse, che forse, che forse una volta gli aprirranno la porta del lor cuore, che tanto lui sta pulsando, e voi meglio di me lo sapete.

Dhe vogliate, o mia charissima Madre, esser coaiutrice; dhe vogliate, o mia charissima Madre, esse coaiutrice a manifestare l’opera di tanta importanza e grata a Dio. Dhe vogliate esser mia coaiutrice in terra, come spero e sento che sia la mia seraphica Catherina in cielo. E tutte le illuminatione che attrarrete dall’indeficiente lume vi prego le manifestiate e facciate noto a tutte le creature che siete spirata e quelle che appartengono a me, misera miserabile, non manchiate di farmele note. E così, come Maria Maddalena era maestra della mia seraphica Catherina in terra, così voi in questa opera, che tenete il medesimo nome di Catherina, siete maestra della miserabile Maria Maddalena in terra, acciò ci possiamo trovare tutte in unità a seguir l’Agnello e esser di quella moltitudine che vedde il vergineo Giovanni, che cantavano quel cantico nuovo: et nemo poterat dicere canticum nisi illa centum quadraginta quatuor millia qui empti sunt de terra; hi sunt qui cum mulieribus non sunt coinquinati, virgines enim sunt; hi sequuntur agnum quocumque ierit (Apoc. 14,3-4).

Dhe sì, dhe sì, dhe sì, fate tanto, fate tanto col nostro increato Sposo et eterno, che vogli tanto soprabondare e sua doni e illuminatione, massimo ne cuori de sua christi, che non voglin tanto scrutinare da chi si sia quest’opera da creatura o dal Creatore.

A voi non vuò stare a dire da chi procede, perché solo a dire che opera ell’è, ve lo manifesta. Et voi che tenete il nome di quella, tanto degno, per i privilegii che Dio ha comunicati a chi l’ha havuto, e a chi l’ha dico, dico di Catherina, vogliate come cathena riunire le nostre chare sorelle disunite spose, e nella forza del Sangue dello svenato Agnello pregate per tanti christi che degnamente ministrino il Corpo e Sangue suo; e come chatena andate inanellando tutte le creature, ma particularmente quelli e quelle consecrati a lui. Et sì come la chatena è di adornamento alla sposa, così voi vogliate render l’adornamento alla sposa Chiesa mediante l’aiutar riunire e religiosi e religiose a lui. Et sì come l’hornamento e decoro della sposa provoca gli altri a amarla, così sendo riunite le sopradette anime, provochino gli altri a amare la sposa Chiesa e per conseguente lo Sposo di essa. Et sia, dico, una cathena di tal prezzo e peso, che gettandola al collo del nostro dolce sposo CHRISTO crocifisso lo inclini a terra; e essendo lui da tante e tante consecrati a esso, offeso, sia provocato dal peso di essa cathena a dar loro l’osculo della pace e union sua.

Veggo la mia charissima Madre, e noi, e tutti quelli che sono eletti in tal opera, esser quelli che hanno a reggere il gran throno di Salomone, dico della santa Chiesa, sopra del quale si riposa il nostro CHRISTO vero Salomone: et ecce plus quam Salomon hic (Lc. 11,31).

Ma non devono esser numero numerato come eron que leoni, ma deve bene essere in noi le qualità loro. È in loro una gran fedeltà, gran forza e una quasi insopportabil voce, e si cibon di carne. Doviamo havere la fedeltà loro in mantenere tutte le promesse fatte a Dio, e non solo in noi, ma doviamo proccurare che faccino il medesimo quelle che son dove noi, che osservino le promesse fatte et etiam ogni minima cosa che ricerca l’ordine e regola loro. Doviamo ancora esser fedele in conservare que lume, doni e gratie che Dio ci comunica. E non è giusto che manchi in noi la forza, la quale deve esser tanta che non temiamo tormenti né morte, ma ogni cosa ci sia equale, et tanto ci sia lo inferno quanto il paradiso, e il paradiso quanto lo inferno, purché veggiamo compita tal opera e voler di Dio.

Dhe sia in noi una voce tanto alta, vehemente e continua, che sia, dhe sì, sia quasi insopportabile in manifestar tal verità, che la stessa Verità ce ne costringe senza rispetto d’alcuna creatura né di noi, che già lo lascio da banda, e non guardare se siamo guardati da occhi o da volto, purché siamo risguardati da purissimi occhi del nostro amoroso CHRISTO crocifisso. Pure, pure servata in noi la saggia prudentia, dhe non guardiamo a chi può uccidere il corpo, perché non posson passare più oltre all’anima (cf. Lc. 12,5); e chi lo disse? Forse creatura alcuna? No, ma il sommo Creatore. Ci habbiamo a cibar di carne, come spero e credo che del continuo ve ne andiate cibando voi; e il simile fo io, se ben forse non in quella frequentia e continuatione che fate voi, almanco in modo che ne sto contenta. Et la carne della quale ci habbiamo a cibare è quella tratta da purissimi sangui di Maria et è la manna che Dio dette a figliuoli d’Israel nel deserto, anzi la figura di essa manna che conteneva in sé tutti i sapori, così nel Verbo sono ascosti tutti i sapori. O Paulo ben lo dicesti tu: in quo sunt omnes thesauri sapientie et scientie absconditi (Col. 2,3).

Dhe non ci vogliamo, o mia charissima Madre, lasciar vincere dalle spose del mondo, le quale si vanno in tutto assimigliando a loro sposo e si sforzono intendere la sua volontà; così habbiamo a far noi: andarci assomigliando al nostro sposo CHRISTO crocifisso, JESU, et cercar di fare la suo volontà, la quale non habbiamo a cerchare di intendere, anzi io sono sforzata a farlo intendere ad altri. Et se Dio è di bontà somma, deve esser in noi una retta e stietta semplicità. Etper non stare a numerare tutti li attributi di Dio, verrò a quella da me tanto desiderata. Dico che se Dio è comunicativo, doviamo ancor noi esser comunicative in comunicare le illuminatione che Dio ci comunica, massimo quelle che possono aiutare a ridurre a lui le sua creature. E ci doviamo ricordare e tenere in mente quel che dice l’innamorato di Paulo: flere cum flentibus, gaudere cum gaudentibus (Rom. 12,15), et insino infermarsi con chi si inferma (cf. 2 Cor. 11,29).

O charissima Madre e Sposa dell’increata Sapientia, contentisi la Reverentia vostra di esser la colomba che esci dell’arca e andò per vedere se era cessato il diluvio et ritornò poi col ramo dell’ulivo. Contentatevi, dico, di escire dell’arca in quel modo che Dio vi illuminerà e vorrà, non per vedere se il diluvio è cessato, no, che ancora non è cessato, ma per aiutare a farlo cessare acciò che possiate poi tornare riportando la gloriosa vittoria della pace e hunione dell’anime ricondotte all’union con Dio, acciò che poi tutte possiamo escir dall’arca e volarcene a fruire la visione del nostro dolce Sposo. E vi prego a contentani, che pur lo dirò, ma rimanga in voi, che il voler di Dio sia che siate sola.

Et mi pare ancora intendere che la dolce Verità si compiaccia lo facciate noto al nostro R.mo Cardinale in quel modo che Dio vi illuminerà. E harei desiderio, e non credo fussi disforme al voler di Dio, che gnene facessi intendere innanzi che passassi il dì della gloriosa assumptione di Maria, o almanco in fra l’ottava sua, acciò che prevenissi a quello che sono sforzata a fargli noto io; e so che per la continua illuminatione che ha ricevuto e riceve da Dio, facilmente sarà preso che sia il voler di Dio, e non sarà di poco haiuto a quel che io sono sforzata di notificargli, dico della rennovatione della Chiesa.

E sappi che tutto quello che intende e gli è detto, non l’ha pigliare da creatura, ma da parte dello svenato Agnello, che so così lei lo piglierà, che questa è la volontà di Dio. Et la prego ne sua casti abbracciamenti offerir me, misera miserabile, e ingrata sopra tutte le creature.

Nascondiamoci nelle piaghe di CHRISTO crocifisso, conserviamoci nell’amoroso costato. JESU, Maria, el glorioso padre san Domenico interceda per noi. JESU, JESU, JESU. E da parte del nostro dolcissimo Sposo gli piaccia darmi la sua santa beneditione.

Del nostro monasterio di Santa Maria delli Angeli presso a san Fridiano, il dì 5 d’agosto 1586.

L’humile Ancilla dell’humanato Verbo

S.or M.a Maddalena de’ Pazzi