Leggenda prima – 1. Storie antiche

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ANTICHE STORIE



Prima che al mondo si dicesse 1000,
Viveva in Creta un Re. La maledetta
Per l’amor di Pasife isola infame,
Terra di mostri e di delitti, aveva

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5Re pari ad essa, ed Orso era il suo nome.

Cento cittadi gli rendean tributo
D’oro, di gloria e di paura, il mare
Di perle e di tempeste; il montuöso
10Suol del suo regno di smeraldi, e d’oro
D’algenti catadùpe e di tremuoti.
Sul real scudo si leggeva, in cifre
Scritte col sangue, questo truce motto:
15Terroris terror ed un orso d’oro
In campo ner lo stemma era del Duca.
Un serraglio di belve ed un di donne
Nudrìa nella sua reggia, ed ei nell’uno
Passava i giorni, nell’altro le notti.
20Alle jene venia col crin spruzzato
D’olio di nardo e co’ lascivi odori
Del suo letto d’avorio ed alle donne
Redìa col leppo delle sozze iene,
E lordo il volto pe’ sanguigni baci
25Della pantera. Un avoltor di Libia
Chercuto e fier, solea spesso sul pugno
Posarsi del monarca; egli era destro
A rapina d’agnelli e di palombe
Per bïeca natura, e dagli schiavi
30Educato a furar ori ed argenti
Per sollazzo del Duca. A sir Drogonte

Conte di Puglia, egli spiccava un giorno
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Col rostro adunco la più bella gemma

Di sua corona, onde ne fu conflitto
35Fra i due Signori. Ma più pauroso
Alla vista e maligno era un serpente,
Immane e gonfio e nero, simigliante
Nel viscoso strisciar a incatramata
Gòmena, impresso sull’aguto grifo
40Portava un segno qual di teschio umano.
Alla voce del Duca egli tendeva
Erte le anella ed ubbidiva come
Debil fanciullo. Misteri di sangue
E di ferocia infami eran fra il Duca
45Ed il serpente; guardïano al varco
Del gineceo vegliava il mostro attorto
Co’ groppi orrendi, nè donzella mai
Tentò passo di fuga in quelle stanze.

Dodici Conti aveva il Duca eletti
50A suoi ministri. Un dì bevendo a cena,
Ebro il Duca, ebri i Conti (avea ciascuno
La sua donna da lato) il Duca afferra,
Mosso da noia o da delirio, il crine
Di Mirra sua, söave amor, fanciulla
Giovanissima e bella, e col pugnale

Orribilmente le schianta la testa.
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Pur nel dimane sentì cruccio il Duca

Del tetro caso e la sua bruna Mirra
Pensò e l’azzurra delle sue pupille
Luce serena, e l’oriental scïenza
Delle sue carni or non più calde; e scrisse
65Per Vitale Candian Doge a Venezia
E suo congiunto, un famigliar preghiero
Ove chiedea la più formosa donna
Delle lagune e la più casta. Il Doge
Trovò la Dea da un usurier sul lido
70Della Giudecca, che vendea per oro
Le figlie sue; poi su galèa dogale
La mandò regalmente a quel di Creta.