Quando il soave mio fido conforto (Lucas)

Francesco Petrarca

Indice:The Oxford book of Italian verse.djvu Poesie Letteratura Quando il soave mio fido conforto Intestazione 27 settembre 2022 100% Poesie

Questo testo fa parte della raccolta The Oxford book of Italian verse


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Q
UANDO il soave mio fido conforto,

Per dar riposo a la mia vita stanca,
               Ponsi del letto in su la sponda manca
               Con quel suo dolce ragionare accorto;
               5Tutto di pietà e di paura smorto,
               Dico: ‘ Onde vien’ tu ora, o felice alma? ’
               Un ramoscel di palma
               Et un di lauro trae del suo bel seno,
               E dice: ‘ Dal sereno
               10Ciel empireo e di quelle sante parti
               Mi mossi, e vengo sol per consolarti.’
          In atto et in parole la ringrazio
               Umilemente, e poi domando: ‘ Or donde
               Sai tu il mio stato? ’ Et ella: ‘ Le triste onde
               15Del pianto, di che mai tu non se’ sazio,
               Co l’aura de’ sospir, per tanto spazio
               Passano al cielo e turban la mia pace.
               Sì forte ti dispiace
               Che di questa miseria sia partita
               20E giunta a miglior vita?
               Chè piacer ti devria, se tu m’amasti
               Quanto in sembianti e ne’ tuoi dir mostrasti.’
          Rispondo: ‘ Io non piango altro che me stesso,
               Che son rimaso in tenebre e ’n martire,
               25Certo sempre del tuo al ciel salire,
               Come di cosa ch’uom vede da presso.
               Come Dio e Natura avrebben messo
               In un cor giovenil tanta vertute,

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               Se l’eterna salute
               30Non fosse destinata al suo ben fare?
               Oh de l’anime rare
               Ch’altamente vivesti qui fra noi
               E che subito al ciel volasti poi!
          Ma io che debbo altro che pianger sempre,
               35Misero e sol, che senza te son nulla?
               Ch’or foss’io spento al latte et a la culla,
               Per non provar de l’amorose tempre! ’
               Et ella: ‘ A che pur piangi e ti distempre?
               Quanto era meglio alzar da terra l’ali,
               40E le cose mortali
               E queste dolci tue fallaci ciance
               Librar con giusta lance,
               E seguir me, s’è ver che tanto m’ami,
               Cogliendo omai qualcun di questi rami! ’
          45‘ I’ volea dimandar — rispond’io allora —
               Che voglion importar quelle due frondi.’
               Et ella: ‘ Tu medesmo ti rispondi,
               Tu la cui penna tanto l’una onora.
               Palma è vittoria; et io, giovane ancora,
               50Vinsi il mondo e me stessa: il lauro segna
               Trïonfo, ond’io son degna,
               Mercè di quel Signor che mi diè forza.
               Or tu, s’altri ti sforza,
               A lui ti volgi, a lui chiedi soccorso;
               55Sì che siam seco al fine del tuo corso.’
          ‘ Son questi i capei biondi e l’aureo nodo,
               Dich’io, ch’ancor mi stringe, e quei belli occhi
               Che fûr mio sol? ’ ‘ Non errar con li sciocchi,
               Nè parlar — dice — o creder a lor modo.
               60Spirito ignudo sono, e ’n ciel mi godo:
               Quel che tu cerchi, è terra già molt’anni:

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               Ma per trarti d’affanni
               M’è dato a parer tale. Et ancor quella
               Sarò, più che mai bella,
               65A te più cara, sì selvaggia e pia,
               Salvando insieme tua salute e mia.’
          I’ piango; et ella il volto
               Co’ le sue man m’asciuga; e poi sospira
               Dolcemente, e s’adira
               70Con parole che i sassi romper pònno:
               E, dopo questo, si parte ella e ’l sonno.