Di che il Magnifico, dopo altre parole sopra ciò dallui e da mio fratello dette, che il dire di messer Federigo raffermavano, nel suo ragionar si rimise, cosí dicendo: - Nelle voci della femina, il numero del meno nella A o nella E, quello del piú nella E o nella I suole fornire, con una cotal regola, che porta che tutte le voci finienti in A nel numero del meno, in E finiscano in quello del piú, e le finienti in E in quello del meno, in I poi finiscano nell’altro; levandone tuttavolta la Mano e le Mani, che fine di maschio ha nell’un numero e nell’altro, e alquante voci, che sotto regola non istanno, tolte cosí da altre lingue, Dido Saffo e simili. E se, in questa voce Fronda, il numero del piú ora la E e quando la I aver si vede per fine, è perciò che ella, in quello del meno, i due fini dettivi della A e della E ha medesimamente; perciò che Fronde, non meno che Fronda, si legge nel primier numero. E a tal condizione sono alcune altre voci, Ala Arma Loda Froda, perciò che e Ale e Arme e Lode e Frode si sono eziandio nel numero del meno dette. In maniera che dire si può terminatamente cosí, che tutte quelle voci di femina, che in alcuno de’ due numeri due di questi fini aver si veggono, di necessità i due altri hanno eziandio nell’altro, come che non ciascuno di questi fini sia in uso ugualmente o nella prosa o nel verso; levandone tuttavia quelle voci, che per accorciamento dell’ultima sillaba che si gitta, cosí nel numero del piú come in quello del meno si dicono nelle prose: la Città le Città, di cui sono i diritti, la Cittate le Cittati, che dire si sogliono alle volte nel verso. Nel qual verso ancora mutano i poeti le piú volte la T, consonante loro ultima, nella D, Cittade e Cittadi dicendo. Il che tutto adiviene medesimamente in moltissime altre voci di questa maniera, e in alquante ancora, che di questa maniera non sono, e sono cosí del maschio come della femina, Matre Patre, che Madre e Padre si dissero, e Piè in vece di Piede e di Piedi e altre.