Prose della volgar lingua/Libro terzo/LXIV

Terzo libro – capitolo LXIV

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È Perciò che delle prose, e alcuna volta Imperciò che; et è Però che del verso, e alle volte ancora Perché di quel medesimo sentimento:

Non perch’io non m’aveggia,
quanto mia laude è ingiuriosa a voi;

la qual voce tuttavia è ancora delle prose: Colui, che andò, trovò il famigliare stato da messer Amerigo mandato, che avendole il coltello e ’l veleno posto innanzi, perché ella cosí tosto non eleggeva, le diceva villania. Et è oltre acciò Che, la quale da’ poeti molto spesso in luogo di Perciò che, da’ prosatori non cosí spesso, anzi rade volte si truova detta; sí come dal Boccaccio, che disse: Che per certo in questa casa non istarai tu mai piú. E questa medesima Che è ancora, che si pose dal Petrarca, in vece di Acciò che:

Un conforto m’è dato, ch’io non pera:

acciò che io non pera. E dal medesimo Boccaccio: Se egli è cosí tuo come tu di’, ché non ti fai tu insegnare quello incantesimo, che tu possa fare cavalla di me, e fare i fatti tuoi con l’asino e con la cavalla? ciò è acciò che tu possa. Dove si vede che la detta Che, eziandio in vece di Perché, s’usa di dire comunemente: Ché non ti fai tu insegnare quello incantesimo? Sí come allo ’ncontro si dice la Perché in luogo di Che alcuna fiata: Che vi fa egli, perché ella sopra quel veron si dorma? E poco da poi: E oltre acciò maravigliatevi voi, perché egli le sia in piacere l’udir cantar l’usignuolo? Et è alle volte che la medesima Che si legge in vece di Sí che o In modo che: il medesimo Boccaccio: E seco nella sua cella la menò che niuna persona se n’accorse. E ancora in vece di Nel quale assai nuovamente il pose una volta il Petrarca:

Questa vita terrena è quasi un prato,
che ’l serpente tra fiori e l’erba giace.

È Il perché delle prose, usato tuttavia rade volte, in vece di dire Per la qual cosa: il Boccaccio: Il perché comprender si può, alla sua potenza essere ogni cosa suggetta; e ancora, in vece di dire Perché ciò sia o pure La cagione di ciò: il medesimo Boccaccio: Universalmente le femine sono piú mobili, e il perché si potrebbe per molte ragioni naturali dimostrare. Sono Benché e Comeché quello stesso; ma questa sarebbe per aventura solamente delle prose, se Dante nel verso recata non l’avesse. Et è la detta Perché, che si prende alle volte in quel medesimo sentimento et è del verso, e alle volte, anzi pure molto piú spesso, si piglia in vece di Per la qual cosa o Per le quali cose nelle prose; sí come si piglia ancora Di che, della qual dicemmo, e alcuna volta Sí che: Io intesi che vostro marito non c’era, sí che io mi sono venuto a stare alquanto con essovoi. Et è Nonché, la quale, oltra il comune sentimento suo, vale quello stesso anch’ella, ma rade volte cosí si prende. Prendesi nel Boccaccio: Non che la Dio mercé ancora non mi bisogna, in vece di dire Benché. È Purché, che vale quanto Solamente che; et è Tuttoché, che pur vale il medesimo di quell’altre, detta dalle prose, e nondimeno ricevuta da Dante piú d’una volta nel verso. La quale si disse ancora cosí, Tutto, senza giugnervi la particella Che: Giovan Villani: I campati di morte della battaglia, tutto fossono pochi, si ridussono ov’è oggi la città di Pistoia, e altrove, E tutto fosse per questa cagione uomo di sangue, sí fece buona fine. Dove si vede che alle volte la particella Sí vale quanto Nondimeno: Sí fece buona fine, ciò è Nondimeno fece buona fine. Né solo Giovan Villani usò il dire Tutto, in vece di Tuttoché, ma degli altri antichi prosatori ancora, sí come fu Guido Giudice, di cui dicemmo. Dissesi oltre acciò in quello sentimento medesimo Avegnadioché dagli antichi, e Avegnaché ancora, e ultimamente Avegna dal Petrarca:

Amor, avegna mi sia tardi accorto,
vòl che tra duo contrari mi distempre.

È oltre acciò, che alcuna volta Tuttoché altro sentimento ha e molto da questo lontano, sí come ha nel Boccaccio, che nella novella di Madonna Francesca disse: E, cosí dicendo, fu tutto che tornato in casa; e poco dapoi, Da’ quali tutto che rattenuto fu; il che tanto porta, quanto è a dire: Poco meno che tornato in casa e Poco meno che rattenuto fu. Altro sentimento ancora, e diverso alquanto dal detto di sopra, hanno le voci Perché e Purché, in quanto elle tanto vagliono, quanto Eziandio che: il medesimo Boccaccio: Che perché egli pur volesse, egli no ’l potrebbe, né saprebbe ridire; e Dante:

E però, Donne mie, pur ch’io volessi,
non vi sapre’ io dir ben quel ch’i’ sono.

Somigliantemente diverso sentimento da’ già detti ha talora la particella Che. Con ciò sia cosa che ella si pone alle volte invece di Piú che, quasi lasciandovisi la Piú nella penna e nondimeno intendendolavi: Giovan Villani: Però che allora la città di Firenze non avea che due ponti; e il Boccaccio: Il quale in tutto lo spazio della sua vita non ebbe che una sola figliuola.