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L'Avemaria

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L’AVEMARIA


i


E poi sazi sorgevano: le zolle
sbriciò l’aratro, della terra nera,
3dietro le vacche non ancor satolle.

Rosa, con gli altri e con Viola, a schiera,
ricopriva le porche col marrello.
6Babbo voleva aver finito a sera.

Il dì passò tra sole e solicello:
il sole s’insaccò, nè tornò fuori,
9e Montebello si pose il cappello.

Stridule, qua e là, di più colori,
correan le foglie: non s’udìa per gli ampi
12filari che il vocìo degli aratori.

Palpitavano, a tratti, larghi lampi;
serrava il cardo le argentine spade;
15ma tutta la sementa era nei campi.

Venne la sera ed abbuiò le strade.

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ii


E le vacche tornavano alle stalle;
e la gente, ciarlando per la via,
19saliva co’ marrelli su le spalle.

Sonò, di qua di là, l’Avemaria:
si sentì la campana di San Vito,
22si sentì la campana di Badia.

Era nel cielo un pallido tinnito:
Dondola dondola dondola! — A nanna
25a nanna a nanna! — Il giorno era finito.

Ora il fuoco accendeva ogni capanna,
e i bimbi sazi ricevea la cuna,
28col sussurrare della ninnananna.

E le campane, A nanna a nanna! l’una;
l’altra. Dondola dondola! tra il volo
31de’ pipistrelli per la costa bruna.

A nanna, il bimbo! e dondoli, il paiuolo!


iii


La madre era su l’uscio, poi che intese
un parlottare ed uno scalpicciare
35tra la confusa romba delle chiese.

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Ed un lampo alitò sul casolare,
e bianche bianche illuminò le strade;
38e il capoccio ella udì dal limitare,

che diceva: “La festa il dì che cade!„