XCVIII

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XCVII XCIX
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XCVIII.


Solingo augello, che cantando vai
     La notte e’l dì per questo mio giardino,
     Deh fammi il verso di Pietro Aretino,
     4Ch’è’l più bel verso ch’io sentissi mai.
Non assomiglia al verso che tu fai,
     Nè a quel che fa lo storno, o’l lucherino,
     Nè augel che sia da terra, o sia marino
     8Tanto ogn’altro ed il tuo vince d’assai.
Troppo soave è la sua melodía,
     Ed a punto da corte e da palazzo,
     11E da dar spasso a qualche signoria.
Have un difetto, ch’io ne torno pazzo,
     Ma dir si può più tosto bizzarria,
     14Che mai non canta se non vede il cazzo.