CVI

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CVI.


L’aratore Aretin, mentre ne’ campi,
     Dove sterile solco assorbe il seme,
     La notte e ’l giorno le sue membra preme,
     4E ritrova al desío men larghi scampi.
Qual uom, cui dentro al cuor gran doglia stampi
     Il veder secco il fior della sua speme.
     Ahi! fallace destin, dic’egli e geme,
     8Ove veggio il mio mal, avvien che ’nciampi.
Se pur nel fondo d’ogni cieco oblío
     Volgo l’aratro, neppur ha produtto
     11Di spiga un germe il lungo sudor mio.
A che Cerere incolpo in doglia e ’n lutto,
     Se non men pento, e pur conosco ch’io
     14Spargo il seme in terren che non fa frutto?