Poesie (Porta)/40 - A MIA SUOCERA LA SIGNORA CAMILLA PREVOSTI

40 - A MIA SUOCERA LA SIGNORA CAMILLA PREVOSTI

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Carlo Porta - Poesie (XIX secolo)
40 - A MIA SUOCERA LA SIGNORA CAMILLA PREVOSTI
39 - Tas el mè Amor, guarna la berta in sen 41 - Umilissimamente in ginocchione

 
A MIA SUOCERA
LA SIGNORA CAMILLA PREVOSTI

Giacché non posso per ragion d’impiego
venire a lei col fisico in vettura,
le vengo col morale in questo piego.
È magro il cambio assai, pur mi procura
certa reputazion d’uomo capace,5
che sebbene non meriti mi piace;


Ma lei per carità non dica niente
che tal riputazione non mi merito,
perché, quantunque men che colla mente
il salario guadagni col preterito,10
pur mi dò il tono d’uomo affaccendato
di qualunqu’altro al par regio impiegato.

E tanto più la prego di tacere
in quanto, imposturando in tal maniera,
dò a me stesso una spinta onde ottendere15
di correre più nobile carriera.
Fra Modesto non fu giammai priore,
e i grandi esempi alfin mi stanno al cuore.

E chi lo sa che un giorno non diventi
qualche signore anch’io di importanza?20
A buon conto sto assai bene di denti,
ho bastante presenza ed arroganza;
malcreato, mordace, sprezzatore
mi farò poi col diventar signore.

Ah, con doti sì belle egli è un peccato25
che quel tempo prezioso sia decorso
in cui bastava ad essere ammirato
crin mozzo, gran berretto e voce d’orso,
in cui quanto più eri manigoldo
ne ritraevi onor, rispetto e soldo.30

Ah se fosse quel tempo! per Milano
mi vederebbe correre severo
con tanto d’occhi in fronte e sciabla in mano,
gran flagello de’ nobili e del clero,
ma quel tempo felice oggi è passato35
e sol oggi il mio spirito è sviluppato.

Né in oggi mancherebbermi i talenti
di volger pel rovescio la medaglia,
massime colli esempi ognor presenti
d’una quantità simil di canaglia40
ch’oggi Gracchi corcarsi e all’indomani
Tigellini si alzar, Plauzi, Seiani.

Ma io troppo divergo dal cammino
che di far verso lei m’era proposto
e la cuffia le avrò rotta un tantino,45
come è ben natural, dunque, ciò posto,
temp’è che sul sentier tosto mi metti
pel quale al labbro van del cuor gli affetti;

e le dica che l’amo di maniera
da correre per giovarle, se abbisogna,50
a vendermi al lavor della galera,
a chiedere e accettar posto in Bologna,
od anche a rimanermene in eterno
come adesso impiegato subalterno.

Per difenderla poi farei prodezza55
di cui non udirebbesi seconda.
Vorrei passare in forza ed accortezza
fin gli eroi della tavola rotonda
ed avere per lei sotto alle reni
Agramante, li Mori e i Saraceni;60

Né creda che il mio dire sia iperbolico.
Non esagero mai, poi, se prometto,
mantengo la parola da cattolico
cristiano onorato, e quel che ho detto
lo confermo di nuovo, e in fede etcettera65
mi sottoscrivo, e poi chiudo la lettera.