Poesie (Parini)/IV. Le odi/XIII. In morte del maestro Sacchini
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XIII
IN MORTE DEL MAESTRO SACCHINI
[1786]
Te con le rose ancora
de la felice gioventú nel volto
vidi e conobbi, ahi tolto
si presto a noi da la fatai tua ora,
5o di suoni divini
pur di anzi egregio trovator Sacchini!
Maschia beltá fioria
nell’alte membra: da i vivaci lumi
splendido di costumi
10e di soavi affetti indizio uscia:
il labbro era potente
dell’animo lusinga e de la mente.
All’armonico ingegno
quante volte fe’ plauso; e vinta poi
15da gli altri pregi tuoi
male al tenero cor pose ritegno
damigella immatura,
o matrona di sé troppo secura!
Ma perfido o fastoso
20te giammai non chiamò tardi pentita:
né d’improvviso uscita
madre sgridò, né furibondo sposo
te ingenuo, e del procace
rito de’ tuoi non facile seguace.
25Amò de’ bei concenti
empier la tromba sua poscia la Fama,
tal che d’emula brama
arser per te le piú lodate genti
che Italia chiuda, o l’Alpe
30da noi rimova, o pur l’erculea Calpe.
E spesso a breve oblio
la da lui declinante in novo impero
il britanno severo
America lasciò: tanto il rapio,
35non avveduto a i tristi
casi, l’arguzia onde i tuoi modi ordisti.
O, se la tua dal mare
arte poi venne a popol piú faceto,
nel teatro inquieto
40tacquer le ardenti musicali gare;
e in te sol uno immoti
stetter de i cori e dell’orecchio i voti:
poi che da’ tuoi pensieri
mirabile di suoni ordin si schiuse,
45che per l’aria diffuse
non per anco al mortai noti piaceri;
o se tu amasti vanto
dare a i mobili plettri, o pure al canto.
Fra la scenica luce
50ben piú superbi strascinaron gli ostri
i preziosi mostri
che l’italo crudele ancor produce;
e le avare sirene
gravi a l’alme speráro impor catene;
55quando su le sonore
labbra di lor tuo nobil estro scese;
e novi accenti apprese
de le regali vergini al dolore,
o ne’ tragici affanni
60turbò di modulate ire i tiranni.
Ma tu, del non virile
gregge sprezzando i folli orgogli e l’oro,
innalzasti il decoro
de la bell’arte tua, spirto gentile;
65di liberi diletti
sol avido bear gli umani petti.
Né, se talor converse
la non cieca Fortuna a te il suo viso;
e con lieto sorriso
70fulgido di tesoro il lembo aperse,
indivisi a gli amici
i doni a te di lei parver felici.
Ahi, sperava a le belle
sue spiaggie Italia rivederti al fine;
75coronandoti il crine
le giá cresciute a lei fresche donzelle,
use di te le lodi
ascoltar da le madri e i dolci modi!
ed ecco l’atra mano
80alzò colei cui nessun pregio move;
e te, cercante nuove
grazie lungo il sonoro ebano in vano,
percosse; e di famose
lagrime oggetto in su la Senna pose.
85Né gioconde pupille
di cara donna, né d’amici affetto,
che tante a te nel petto
valean di senso ad eccitar faville,
piú desteranno arguto
90suono dal cener tuo per sempre muto.