Poesie (Francesco d'Altobianco Alberti)/XXVIII

XXVIII. Capitolo d'amicizia fatto per Francesco Alberti e recitato in Santa Maria del Fiore per Cristoforo Landino

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XXVIII. Capitolo d'amicizia fatto per Francesco Alberti e recitato in Santa Maria del Fiore per Cristoforo Landino
XXVII XXIX

 
Sacrosanta, immortal, felice e degna,
singular dote e necessaria guida
quanto al viver filice si convegna,

tu se’ colei che chiunche in te s’affida
al disïato fin fermo riesce,
ma istolto è sanza te chi si confida.

Sempre la voglia tua pronta s’ acresce,
cerca l’onesto bene al ver conforme,
congiunta in un voler lieta aquïesce.

Basta, a confusïon delle gran torme
dei miseri mortali, averne il nome,
poi ch’alli efetti ognun s’adagia e dorme.

Sotto tue sparte e venerabil chiome
chi s’argomenta e qual, fingendo, aspetta
di scaricar le sue noiose some;

ma non mancò già mai giusta vendetta,
né fia sanza cagion lo ’ndugio alquanto,
se chi fa il mal più grave al fin l’aspetta.

Fallace oppenion che nuoce tanto,
chiamata più saper che ’l mondo tene,
donde poi l’alegrezza torna in pianto!

Sol nell’almo consiste e s’appartene
al vertüoso amico usar per tutto
quel ch’al debito offizio suo convene.

L’amico è un altro io propio redutto,
ficte son le amicizie, per le quali
dal vero amore infuor segue altro frutto.

Assentatori e simil non leali
sol nel domestico uso han quella parte
familïar, ma i colpi son mortali.

Solo è l’amar chi con ingegno ed arte
desidera e ben porge a chi conviensi
d’esser laudato in palese e in disparte.

Sentenzia di Plutarco: ancor mantiensi
benivolenza con virtute e grazia;
numisma d’amicizia esser conviensi.

Come l’uso che mai gli amici sazia,
serva giocundità perfetta e intera
e virtù, degnità, con buona audazia.

Felice è quel che poco o nulla ispera
in cosa che leggier col tempo passi,
ma solo in te, che se’ costante e vera.

Marco Manilio nostro, a chi gustassi
ben sua sentenzia, volle (e qui pon cura
perché ’n dubbio già mai si revocassi)

che nulla mai creasse in sé natura
maggior che d’amicizia un colmo petto,
né sia cosa più rara e più sicura.

Tutti gli antichi e moderni c’han detto
d’esta nostra virtù chiari ed aperti,
concorron quasi in un medesmo effetto.

Seguon della amicizia utili e certi
commodi ne’ bisogni e casi avversi,
e quei lo san che son del fatto esperti.

Seguon anche piacer varî e diversi
nei prosperi successi, e segue laude
a chi vero ama amando mantenersi.

Util, laudata, grata e lieta gaude,
diletta e necessaria infra i mortali,
che’ prieghi onesti interamente essaude,

raccolto in sé più parti prencipali:
grazia, magnificenzia e benefizio,
ed altre, che intendendo saprai quali.

Risiede ognuna al suo debito offizio:
verità, fede e sì religïone,
che conservano in noi vero giudizio.

Semplice, umana e facil d’intenzione
s’agiungon oltre a l’altre a questa insieme,
secondo che pei saggi si dispone.

Segue dell’opre sue fruttevol seme:
consiglia, conferisce, emenda, aita,
magnanima perdona e mai non teme.

Che necessaria e util sia chiarita
questa nostra virtute, ognun l’afferma,
e così per li antichi è diffinita.

Ciò che sa amministrar guida e conferma
questa in ogni atto e publico e privato,
ma sanza lei ogn’opra è vana e inferma.

In qualunque republica o senato
senza compagni fidi e diligenza
nulla può ben condursi in magistrato.

Ed a questo concorre ogni sentenza,
d’autorità gli essempli e i casi istrani,
insieme con la vera esperïenza.

Sì coi nemici e prossimi e lontani,
sì in osservar le leggi e in consigliare,
sì in conservar col tempo esti ben vani,

nulla sanza gli amici si può fare;
ma coi consigli uniti e opre loro
pace e quïete ai tuoi puoi ministrare.

Focione e Pericle, ambo costoro,
Bruto e Furio Camillo e altri molti
che in liberar la patria esperti fôro,

se non fusser gli amici a ciò raccolti
con tutte lor virtù, fortune e ingegni,
tardi o mai si sarien liberi isciolti.

Ma con questi purgàr l’onte e li sdegni,
acrebber forza agli animi smarriti,
onde e’ son di memoria etterna degni.

Così né più né men saran graditi
nelle private cure, opre e consigli,
per cacciar via le ingiurie e spegner liti,

sostener nimicizie e gran perigli,
conservarsi in istato e crescer gloria,
riserbando a’ bisogni ove uom s’appigli.

Questo conferma ogni canuta istoria
di Cesare, che tutto il mondo resse,
di Mario e Silla e gli altri di memoria,

che, bench’a lor fortuna succedesse
prospera a’ voti e la copia del tutto,
non crediate che mai si concedesse

sanza gli amici, e lor fama redutto
avessono in etterno singulare,
sicché dall’opre loro uscì tal frutto.

A preservar la cosa familiare
dall’impeto e da fraude e da nequizia,
sol colli amici puoi salva guidare.

Né meno è grata ch’util l’Amicizia,
perché nel conferir del ben si gode,
dove nel mal rileva ogni trestizia.

Dolze in sentirsi amare e crescer lode,
soave nella cura e diligenza,
dà la provata fede a chiunche l’ode.

Ecco quei che ne feron esperienza:
Pizia, Damone e Patroclo d’Acchille,
Teseo di Piritòo: nota sentenza.

’Paminonda e Pelopida asortille
Pilade, Oreste e Lelio e Scipïone,
ch’è sparse già di lor tante faville.

E Lucïan fra i pari amici pone
Clivia(!), Agatocle, Dandaride(!) e Amisoco,
Sisinne con Misippo(!), ancor propone.

Cindanne, Abauca e moglie e figli al foco,
visto che scampar tutti e’ non potea,
salvò l’amico e gli altri estimò poco.

Accusato del fallo, e’ rispondea
ch’uom può rinnovar mogli e figli spesso,
ma che, raro agli amici uom s’abbattea.

Chi ben ritrar volesse ogni processo
né la facultà basta a tanta prova,
né lingua o penna al buon voler va presso.

Ma qual sia l’Amicizia e quanto giova,
quel ch’ella importi, aoperi e contenga
compreso avete e com’ella s’aprova,

e quanto in ogni parte essa mantenga
le dignità, gli stati, e sì quant’ella
gli acresca e le discordie abbassi e spenga.

Quinci Tiresio duce rinnovella
dei Celtiberi ai Numantin lor doglia,
perché sol da costei la fêr rebella.

Sia qual potenza o fortuna si voglia
che ’n processo non manchi in parte alcuna,
ma costei dalle piante ognor germoglia.

Se cercate i precetti, ove s’aduna
gli amonimenti al savio viver vostro,
raccogliendo le somme tutte in una,

altro non vi si trova ov’è dimostro
se non ch’amor con fede e obbedienza
reducon tutto al proposito nostro.

Adunche, o degni e pien di reverenza,
vogliate di costei seguir gli efetti,
ch’ogni altra cosa è iscarsa al viver senza;

onoratela in opre, in fatti e in detti,
datevi in tutto a lei, ch’ella è sol quella
che vi può far posar fra gli altri eletti,

e concedervi gloria ognor novella!