Poesie (Francesco d'Altobianco Alberti)/CXXVI

CXXVI

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CXXV CXXVII

 
Quanto più mi rivolgo per la mente
gli afanni in ch’io mi truovo, e non so come,
penso come non sien macere e dome
le membra e l’ossa e le due luci spente.

Io so ben sì come il mio cor si sente
carico di noiose ed aspre some,
varie di qualità, non pur di nome,
e l’una più che l’altra a me cocente.

Che giova a dir che poco o nulla curo
né parentela o patria abandonata,
né d’esser servo altrui, ben che sia duro?

Né stima faccio di Fortuna irata,
né del viver mio poco e men sicuro,
ma sol mi duol madonna aver lasciata.