Poesie (Fantoni)/Odi/Libro II/XXXVI. A Pietro Notari
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XXXVI
A Pietro Notari
(1790)
Bacco risvegli Venere
e intatta rechi le carezze e i baci;
tentiam Nerina e Lidia,
ché Fortuna ed Amor servon gli audaci.
5Notari mio, non credere
in caste membra vergine la mente:
meglio dell’uom dissimula
la femmina e desia tacitamente.
Pregata, il supplichevole
10guata benigna e debolmente pugna:
finge sdegnarsi e rustica,
ancor se cede altrui, nega e repugna.
Tu ne trionfa; mistico
silenzio copra la vittoria: godi,
15e laccio indissolubile
la vinta affreni e il vincitor annodi.
Ma non sperar che stabile
t’ami, se l’arte non adopri, e sdegno
spesso non fingi cauto,
20onde il vano frenar mobile ingegno.
D’incerta téma povero,
langue in seno alla noia ogni desire:
dal duol le gioie nascono,
e son ésca d’Amor minacce ed ire.
Sian moderate e rechino
l’utili risse un non tenace affanno:
stanca ogni eccesso e, vittime
d’ingiusta servitú, s’odia un tiranno.
Pace inattesa dissipi
il duolo e asciughi con le labbra il pianto,
chiami il piacere e assidasi
lieta alla fede intemerata accanto.
Allor nuove delizie
pulluleranno da piú vivo ardore,
ed importuna cedere
dovrá la mente alla ragion del cuore.
Soavemente a gemere
apprenderai dalle colombe, i spessi
baci a libar dal passero,
e dalla tortuosa edra gli amplessi.
Rapisci la volubile
occasione dal dì che omai si cela,
e di propizie tenebre
i misteri d’amor tacito vela.
Ma, oh Dio! dall’uscio udirono
chete il consiglio e lo credetter frode:
ve’ come fuggon timide!
Ah! chi amando non tace, arde e non gode.