Poesie (Fantoni)/Odi/Libro I/XXXII. A un ministro napoletano
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XXXII
A un ministro napoletano
(1789)
Quanta è fra il lupo e fra l’agnel discordia,
tanta fra l’alma d’Iro e l’alma mia:
né creder, perché avvolto in auree spoglie,
che non si scorga in te Tiro di pria.
5Grande non rendon le ricchezze, celebre
non rende, amica di viltá, fortuna;
ma il saper, la pietá la tomba additano,
e si assidono eterni ov’hai la cuna.
Assiso in cocchio, tu non vedi il popolo
10volger altrove disdegnoso il ciglio?
Voci non odi di disprezzo libero
di un padre infame maledire il figlio?
— Ve’ come, altier di sua fortuna — esclamano, —
nell’òr mal cerco e nelle gemme esulta!
15Ve’ come ride, e a’ disperati gemiti
della nostra miseria avido insulta! —
Me i dotti amici per le vie trattengono
e la fraterna plebe ama e rispetta;
me benedice salutato il povero,
20ed il varco ad aprirmi urta e s’affretta.
Passo, e con dolce mormorio ripetere
odo: — Ecco il vate cui non diêr le muse
steril cor, voglie avare! Ecco chi impavido
gli oppressi sollevò, gli empi deluse! —
25Figli infelici, di soavi lacrime
sul paterno mio sen sovente aspersi:
cara è all’anima mia lode sì tenera,
piú di quella dei secoli e dei versi.
Fin che l’ora non giunga, in cui le languide
30luci mi prema il quadrilustre amico
e, pegno estremo d’amistá, racchiudami
ad aspettarlo nel sepolcro antico,
sarete ognor de’ miei pensier la stabile
e dell’opre soavi unica cura:
35la ragion mel consiglia, e, il cor premendomi,
me l’impone fra i palpiti natura.
Perché di un regno non son ricco? Cedilo
a me, ingiusta fortuna; io te lo rendo;
diman fia tuo. Torno privato a vivere,
40sui benefizi miei lieto piangendo.