Poesie (Fantoni)/Odi/Libro I/XXXI. A monsignor Caleppi in morte del...
![]() |
Questo testo è completo. | ![]() |
◄ | Libro I - XXX. A Delio toscano | Libro I - XXXII. A un ministro napoletano | ► |
XXXI
A Monsignor Caleppi
in morte del padre Jacquier
(1788)
Saggio Caleppi, che domando regni
gli avidi affetti e ti sollevi all’etra,
qual nome vuoi ch’a eternitá consegni
sopra la cetra?
5Sopra la cetra che, flebil, rattenne
i fiumi e i rivi rapido-fuggenti,
ed i lottanti su le negre penne
protervi venti?
All’orbo sposo d’Euridice intanto
10pendeano intorno le seguaci selve
e le strimonie, impietosite, al canto,
orride belve.
Brami ch’io cinga di non compra lode
chi squadre ancide e chi cittadi atterra?
15Nassau, il possente, Romanzow il prode
fulmin di guerra?
Greig, che nud’ombra ancor addita e teme
sul vinto mare il Musulman fugato?
Haddich, che invita a trionfar la speme
20d’Austria ed il fato?
Laudon, che il primo dell’etá sul fine
vigor richiama, ed al cimiero antico
stringe que’ lauri, che involò sul crine
di Federico?
25L’ardito sveco, che alle russe antenne
vietò solcare per l’egea marina,
e dell’impero oriental trattenne
l’alta ruina?
L’odrisio duce, che qual fiume inonda
30regni e province, né ritrova inciampo?
Cesar, che armato su l’istriaca sponda
medita in campo?
Cuore non serbo sì feroce e stolto,
che ai forti amici della morte arrida:
35veggo chi cade fra i destrier sepolto,
n’odo le strida!
Canterò forse chi all’empirea sede
schiude le porte con l’augusta mano,
che Pio nel nome e pio nell’opre siede
40in Vaticano?
che le smarrite arti richiama e rende
dell’util plebe e del poter sostegno?
Invan tant’alto di poggiar pretende
l’umile ingegno.
45— Dio trino ed uno, che al girar del ciglio
misuri il mondo e dei mortali i giorni,
tu fa’ che al cielo dal terreno esiglio
tardi ritorni! —
Ma qual del Pincio sovra il colle aprico,
50ahi, nuova tomba al tuo Labindo additi?
T’intendo: a pianger di Le Seur l’amico
oggi m’inviti.
Lá, poca polve, in notte taciturna,
gallico genio, il buon Jacquier riposa:
55veggo Sofia, che su la gelid’urna
siede pensosa.
Donami l’arpa, e dei funerei carmi
rendiamo al saggio i meritati onori;
ambo spargiamo sui dolenti marmi
60lacrime e fiori.
Ma a che si piange, se il destin non muta
voglie alle preci dell’altrui dolore,
e Jacquier gode della giá perduta
vita migliore?
65Vive beato al sommo bene in faccia,
di lui si pasce, in lui d’amor s’accende,
l’adora, e quanto l’universo abbraccia
tutto comprende.
Piangiam noi stessi, che in sì basso loco
70siam segno ai strali che l’invidia aduna,
scherno ai potenti e capriccioso gioco
della fortuna.