Poesie (Campanella, 1938)/Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla/81. Canzone della Prima Possanza

81. Canzone della Prima Possanza

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81. Canzone della Prima Possanza
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81

Della Prima Possanza.

CANZONE

madrigale 1

Le potestati umane tanto m’hanno
travagliato, ch’omai vengo a pensare,
ch’io peccai contra te, Possanza Prima;
però che di Saturno piú d’un anno
tutto del Senno Primo a contemplare
mi diedi, e al Primo Amor volsi ogni rima,
di te tanto scrivendo
quanto per lor ti intendo,
di cui dovevo far principal stima.
Or io volgo il mio stile
alla tua dignitate,
perdon chiedendo umile
ed aiuto, o Suprema Podestate.

Dovea l’autore, per ordine metafisico, scrivere della Prima Possanza avanti che del Primo Senno. Ma non ne parlò mai, se non in questa canzone, pentitosi d’aver in trenta anni, ch’è l’anno saturnino, scritto e parlato solo d’Amore e del Senno. Ed ora chiede perdono e domanda aiuto alla Possanza dentro la stessa fossa ecc.

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madrigale 2

Dove manca possanza, il patimento
ch’al non esser le cose sempre tira,
abbonda, e ’l caso avverso, ed ogni male;
onde io tant’anni mi truovo scontento 1.
A te, Valor, dunque, oggi alzo la mira,
a cui soggiace ogni forza fatale:
ché ’l Senno e l’Amor pio,
com’or ben confesso io,
senza la tua difesa poco vale.
Può amar chi ha potenza
e sa chi può sapere,
ed è chi aver può essenza;
dunque, ogni quidditá vien dal Potere 2.

1. I guai che vengono per mancanza di Potere.

2. È prova che dal Potere viene l’Essere, l’Amare e ’l Sapere.

madrigale 3

L’intrinseco poter fa che sossista
ogn’essere; e l’estrinseco il difende,
si è d’altri, o parte, e non da sé, né tutto.
Sta il mondo e gli enti magni in questa lista,
a cui precede chi da nullo pende,
Dio, che interno valor solo ha per tutto.
Ma può, se poter vuole
e se poter sa; e suole
(in sé volgendo quel che ’n lui è produtto)
saper, se puote ed ama;
e voler, se può e sape.
Dunque tre in un si chiama,
e distinzion d’origine sol cape.

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Ha bisogno di poter estrinseco chi è parte e non tutto, o procede d’altri e non da sé. Intrinseco l’ha il mondo, e forse gli angeli in parte: se bene da Dio hanno l’essere, e ’l potere per conseguenza, pure possono sempre essere, per quel che Dio gli donò essere, come totale e come da sé. Ma Dio solo è vero potere interno. Ma, perché Dio può volendo e sapendo, e fa potendo e volendo, e vòle potendo e sapendo, per questo è in tre uno, e solo si distingue per le relazioni d’origine. Vedi questa sottile disputa nella seconda parte della Metafisica dell’autore.

madrigale 4

Possanza e Senno producono Amore
unitamente; e però tutte cose
aman l’esser, però che sanno e ponno,
ma sanno perché ponno solo. Autore
dunque del Senno primo ben si pose
il primario Poter, degli enti donno.
Ma, perché regge amando,
ed opera insegnando
e l’esser, quando è desto e quando è in sonno,
d’essi tre si compone,
saran tre preminenze,
d’ogni effetto e cagione
semplici metafisice semenze.

L’Amor procede dalla Conoscenza e dalla Potenza, ma la Conoscenza dalla Potenza. Dunque la Potenza precede tutte le primalitá metafisiche; ma, perch’essa non è Potenza senza Senno e senza Amore, però sono tutti tre preminenze, e semi, e cause metafisicali di tutte le cause e causati fisici, ecc. Vedi la Metafisica.

madrigale 5

È, ciò ch’è, perché puote, sape ed ama;
non è, quel ch’esser non può, ignora o abborre,
per sé, o per forza d’altri, o del Primo Ente,

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ch’è monotriade. E quel ch’all’esser chiama,
partecipando tre eminenze, corre,
pur limitato sempre dal niente,
all’esser suo finito,
che sta in quello infinito
esser, eterno, solo, independente,
che creò, come base
d’ogni essenza seconda,
lo spazio, immenso vase,
ch’è penetrato, penetra e circonda.

Pruova che l’essere viene dal potere, sapere ed amare, e ’l non-essere dal non-potere, non-sapere ed odiare per sé, ma dal Primo Ente per accidente, in quanto toglie il potere o il sapere o l’amore, ma non lo annichila. E che, nascendo da lui, piglia ogni ente partecipazione di queste tre primalitá; ma, finite, vengono a lui per la partecipazion del niente, che ha le sue opposte primalitá; e che pure l’ente nato sta nel Primo Ente, e non fuori. E che il luogo è base dell’essere delli secondi enti, che penetra incorporalmente, e, penetrato, è corporalmente e cinge tutto.

madrigale 6

Quando di contener virtú donasti
al luogo, e dal tuo Senno senso prese,
e dall’Amor amor di farsi pieno,
la gran mole corporea ingenerasti,
delle virtuti agenti atta all’imprese,
in due triadi consimili a quel seno.
Poscia i maschi, possenti,
che di lei due elementi,
cielo e terra, formâro: e del piú e meno
di lor gare e rovine
ogni mistura uscìa,
Dio influendo, a tal fine,
necessitate, Fato ed Armonia.

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madrigale 7

La vita, agli enti vari che seguiva,
era virtute, in quanto da te nacque.
Ma quel che dal non esser timor venne,
ogni vizio produsse, e la nociva
ragion di Stato, e poi ’l mal proprio piacque,
che ’l senso indi impotente a ciò s’attenne.
Ma, se ti svegli omai,
in meglio muterai
natura madre e i figli, come accenne.
L’impotenza e ’l peccato
torrai da’ senni umani;
tutti in un lieto stato
gl’imperi adducerai vari profani.

Che la virtú venga dall’entitá, che sono Valore, Senno ed Amore, e gli vizi dal timore del non-essere, perché da questo è nata la pugna degli elementi, e poi la ragion di Stato, ogni ente volendo esser sempre, e distruggere quel che l’impedisce l’essere in qualche modo. Quindi piacque a tutti il proprio male, perché il senso, partecipando il non-essere proprio, non conosce gli altri modi d’essere, e crede solo il suo essere ottimo, e sprezza per il suo anche il divino essere. Poi dice alla Prima Potenza che si pieghi [p. 168 modifica]a migliorare la natura e gli enti naturali, e levar l’impotenza, l’ignoranza ed odio, onde nasce il peccato, e condurre il mondo sotto una legge ed uno imperio, perché cosí cessa la ragion ria di Stato.

madrigale 8

Darai alla vita di durar virtute,
forza alla legge, che ’l gran Senno mise,
vigor all’amicizie, d’amor prole.
Senza te, gli enti han le bontá perdute;
venner l’insidie e l’unitá divise,
ch’invidia partorîro e false scuole:
timiditá e pigrizia,
sconfidenza, avarizia,
viltate e crudeltá, che starsi sole
non san l’una dall’altra.
Ma, dove è tua fortezza,
ogni natura è scaltra,
né teme il male, onde di farne sprezza.

Mirabilmente mostra come, tornando il Valore, dona vita all’essere da lui nato, forza alla legge nata dal Senno, vigor all’amicizia nata d’Amore. E che la bontá è perduta per mancamento di essa potenza senza valore; perché chi non ha valore, s’appiglia all’insidie; e la divisione, che disunisce lo essere e la possanza, genera invidia fra gli enti impotenti e divisi, e diverse sètte e scuole false. Poi il timore, la pigrizia, la sconfidenza, l’avarizia, la viltá, che sempre è accompagnata con la crudeltá, perché teme da ogni cosa e vorrebbe tutti gli enti morti ed estinti, perché non gli dien paura. Ma dove ci è valore, v’è industria e coraggio, e chi non teme il male d’altri, neanche ne fa ad altri. Nota che da’ mali degli elementi passa a’ mali degli uomini, perché questi in quegli si fondano.

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madrigale 9

Canzon, di’ al Poter Primo
che per mancanza sua sto in tal paura,
che meditar non posso la Scrittura.
Traggami da questo imo
inferno. Ed in effetto,
se tutto il mio soggetto
ei non sará, me stesso empio condanno
da mò al perpetuo lagrimoso affanno.

Scrisse nella fossa questa canzone, e non tanto lunga quanto quella d’Amore e del Senno, perché stava quasi disfatto. E promette, uscendo, complire; e n’è uscito otto mesi dapoi, se bene ci stette tre anni ed otto mesi. Non so se ha poi serbato questo voto, se bene so che in Metafisica scrisse assai della Potenza e di Dio cose altissime.