Piccoli eroi/Dopo la burrasca
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DOPO LA BURRASCA.
I signori Guerini incominciarono a sentirsi più tranquilli. Da quello che aveva detto loro don Vincenzo, dalle persone che venivano dal villaggio e dalle voci che correvano, capivano che lo sciopero era quasi alla fine, che gli operai, venuti a migliori consigli, erano persuasi di riprendere il lavoro.
In quella casa, pareva che dopo molti giorni di pioggia fosse entrato un raggio di sole, tutti erano allegri e contenti; Alberto ed Elvira, stanchi di quella forzata prigionìa, parlavano già di passeggiate, di trottate all’aria aperta e volevano riacquistare il tempo perduto.
Come erano annoiati di star rinchiusi nella loro villa! Guai se non avessero avuta la compagnia dei Morandi, che da buoni amici erano venuti tutti i giorni a confortarli ed a tener loro compagnia!
— Che buone persone! — diceva la signora Guerini parlando dei loro vicini — non c’era da divertirsi alla villa in questi giorni, eppure sono sempre venuti. È ben vero che gli amici si riconoscono nelle circostanze, e noi dobbiamo esser riconoscenti a quelli che non ci abbandonarono nei momenti difficili.
Anche i ragazzi s’erano affezionati ai Morandi e li aspettavano con impazienza, tanto più che Maria aveva promesso di riprendere la lettura dei suoi racconti, appena fosse succeduta un po’ di calma alla trepidazione di quei giorni.
I Morandi s’erano infatti avviati verso la villa, ma Maria volle passar prima dal paese per sentire se le voci che correvano fossero esatte e per avere il piacere di confermarle ai signori Guerini.
Traversarono il villaggio in mezzo ai crocchi d’operai che ragionavano tranquillamente, contenti anch’essi d’aver presa una decisione.
— Però se non cede anche il padrone, noi ritorneremo a passeggiare per le vie.
— Se crede di farci ritornare al lavoro promettendo quello che non ha intenzione di mantenere, si sbaglia; l’avrà a fare con noi! — Si sentiva esclamare di tratto in tratto da quegli operai.
Ma erano voci isolate, come gli ultimi lampi di un temporale che sta per cessare. Le donne li persuadevano ad esser ragionevoli, avevano sofferto abbastanza in quei giorni vedendo i loro mariti erranti per le osterie, ed era tempo che la quiete ritornasse nelle loro case.
Se prima sui muri c’erano scritte delle massime che incitavano il popolo alla ribellione, ora, si leggeva da per tutto queste e simili espressioni:
Operai al lavoro!
Il lavoro nobilita.
Chi non ha lavorato non gusta il riposo.
Chi non lavora s’annoia.
E Maria approfittava di quel risveglio al sentimento del lavoro che era come nell’aria, per dare ai fratelli degli utili suggerimenti.
— Avete veduto coi vostri occhi gli effetti dell’ozio? — diceva — ciò dovrebbe servirvi d’ammaestramento, e mettervi nell’animo la volontà di lavorare. Presto le vacanze sono terminate, e anche per voi torneranno i giorni del lavoro; procurate di mettervici di buona voglia, se vorrete l’anno venturo godervi i mesi d’autunno contenti e senza pensieri.
— E tu, Elisa, dopo aver veduto che anche nelle case dei ricchi vi sono delle noie e delle preoccupazioni, non dovresti più invidiarli.
Elisa non voleva ancora confessarlo, ma in cuor suo dava ragione alla sorella, e si proponeva d’essere in seguito più modesta e più laboriosa.
Intanto erano giunti a casa Guerini, dove trovarono tutti di buon umore, perchè avevano saputo che gli operai avevano deciso di riprendere il lavoro.
— È come se mi avessero tolto un peso dal cuore, — diceva il signor Guerini. — È certo che se gli operai non avessero ceduto, ero deciso a chiudere la fabbrica e a ritirarmi dagli affari; ma vi confesso, che per quanto io mi senta stanco di lottar sempre, ed essere compensato coll’ingratitudine di quelli ai quali ho fatto del bene; pure all’idea di lasciare la mia fabbrica che ho veduto sorgere dal nulla, che fu il pensiero costante della mia vita, il mio orgoglio, la mia ambizione, che amo come i miei figli, vi assicuro che sarei morto di dolore.
Egli, dicendo queste parole, avea quasi le lagrime agli occhi; ma diede un sospirone di sollievo, e alzandosi soggiunse:
— Ora è finita, non pensiamoci più, parliamo d’altro.
Cambiarono discorso, ma per un po’ di tempo continuarono a chiacchierare dei fatti del giorno; intanto entrò don Vincenzo assieme a Damiati, anch’essi a rallegrarsi che tutto stesse per finir bene. Raccontarono d’aver parlato agli operai, e che tutti erano disposti a ritornare l’indomani all’officina.
Quando i ragazzi furono seduti intorno alla tavola, e che la conversazione incominciava a languire, essi pregarono Maria di leggere il racconto promesso, e stettero tutti attenti ad ascoltarla.
— Leggerò un racconto che ha qualche relazione coi fatti di questi giorni, — disse Maria incominciando la sua lettura, — eccolo: