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264 | piccoli eroi |
Elisa non voleva ancora confessarlo, ma in cuor suo dava ragione alla sorella, e si proponeva d’essere in seguito più modesta e più laboriosa.
Intanto erano giunti a casa Guerini, dove trovarono tutti di buon umore, perchè avevano saputo che gli operai avevano deciso di riprendere il lavoro.
— È come se mi avessero tolto un peso dal cuore, — diceva il signor Guerini. — È certo che se gli operai non avessero ceduto, ero deciso a chiudere la fabbrica e a ritirarmi dagli affari; ma vi confesso, che per quanto io mi senta stanco di lottar sempre, ed essere compensato coll’ingratitudine di quelli ai quali ho fatto del bene; pure all’idea di lasciare la mia fabbrica che ho veduto sorgere dal nulla, che fu il pensiero costante della mia vita, il mio orgoglio, la mia ambizione, che amo come i miei figli, vi assicuro che sarei morto di dolore.
Egli, dicendo queste parole, avea quasi le lagrime agli occhi; ma diede un sospirone di sollievo, e alzandosi soggiunse:
— Ora è finita, non pensiamoci più, parliamo d’altro.
Cambiarono discorso, ma per un po’ di tempo continuarono a chiacchierare dei fatti del giorno; intanto entrò don Vincenzo assieme a Damiati,