Pensieri e giudizi/IV/II
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II.
Vorrei che gli onori che si rendono alla memoria di Giordano Bruno fossero indizio di risveglio nella gioventù italiana, gingillantesi per lo più in futili questioni letterarie, o strepitante per comizi e per circoli più o meno politici, o crogiolantesi, ch’è peggio, nella senile indifferenza che tanto piace e tanto giova ai nemici della libertà del pensiero. E tale indifferenza si maschera di tolleranza; e il ridicolo, che si spruzza sul volto di chi piglia ancora sul serio la questione religiosa, si chiama effetto di animi sereni troneggianti sull’Olimpo della scienza. Dio? È morto e sepolto da un pezzo. Le religioni? Specie mobili della coscienza, periodi oltrepassati per sempre dal pensiero umano. Il papato? Istituzione del medio evo, scalzata dai nostri pensatori del rinascimento, sfolgorata da Lutero, distrutta dall’aceto dei filosofi del secolo XVIII.
Belle parole.
E noi ci teniamo intanto il papa sul collo e il pretume sullo stomaco e la clericalaglia fra i piedi: e ad ogni carezza nostra, voglio dire di governanti, c’insultano; e ad ogni atto di nostra pazienza, prendono coraggio; e nella nostra stolida indifferenza c’insidiano la nostra libertà e la nostra vita.
No, no: quando la tua maschia figura sorgerà in Campo dei Fiori, o Giordano Bruno, i giovani penseranno che non è più tempo di sopportare le vigliacche transazioni di una gente che ha più paura della libertà che del disonore; si persuaderanno che, fintanto non si estirpi il prete da Roma, Roma non avrà piena coscienza dei suoi nuovi destini, l’Italia non avrà libere istituzioni, il popolo non racquisterà mai interamente la sua sovranità.