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IV IV - II
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I. 1

novembre 1886.

Ai galvanici stiracchiamenti del mostro nero, il popolo civile risponde che il Gesuitismo fu, e chi pretende risuscitarlo è uno stolto. Ciò non vuol dire che s’hanno a tollerare in mussulmana pace le insolenti velleità del papato, le insidie pertinaci della pretaglia, e molto meno i volpeggiamenti venali di un apostolume bastardo, saltarellante dalla scuola alla sacristia, dalla reggia alla piazza, almanaccante conciliazione e invocante tolleranza in nome della scienza e della civiltà. No: in uno stato, che si proclama cattolico, che dà guarentigie ai nemici della patria, che amoreggia coi carnefici di Oberdan e coi bombardatori di Parigi, qualunque tolleranza è pericolosa.

Roma è «intangibile», dicono. Ma «intangibile» a chi? Non certamente al papa che ci sta [p. 80 modifica]e ci resta; non ai briganti tonsurati che dalle trappolerie di S. Tommaso la voglion ricacciare fra le reti di S. Ignazio. «Intangibile» sarebbe a te, ombra gloriosa di Garibaldi, se, levando la testa dalla terra, ove ti han costretto a giacere, osassi alzare la voce contro questo metro cubo di letame che ammorba Roma, che offende l’Italia, che sfida l’Umanità.

Note

  1. Per un comizio anticlericale tenutosi in Catania il 28 nov. '86 nel Teatro Comunale.