Pensieri e giudizi/II/XII

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XII.


Tra il ripiegamento miserevole di tante bandiere e l’abbiosciamento morboso di tanti scrittori, che, rinnegando la storia, la scienza e sè stessi, sdilinguiscono in un misticismo che, se non è impostura da sagristia, è segno evidentissimo di imbecillità, Emilio Zola fu uno di quegli

[p. 47 modifica]uomini interi e diritti che vivono e muoiono in piedi, con l’occhio intento alla meta. V. Hugo lanciò la schiera dei mostri sublimi contro l’impero maledetto, ed ebbe la gloria di sconquassarlo, prima ancora che i Prussiani vincessero a Sédan e bombardassero civilmente Parigi. E. Zola ebbe lo stomaco di smuoverne le macerie, di penetrarne i baratri pestilenti, di osservarne il bulicame, di descriverne la putredine. Gran parte dell’opera sua fu una requisitoria solenne.

J’accuse: ecco la sua parola. Maneggiò il fango e ne plasmò figure indimenticabili. Abbrancò pei capelli la borghesaglia impiastricciata di sangue e di mota e la gittò al gran sole additandola all’odio e al ribrezzo della moltitudine. Trattò col ferro e col fuoco le piaghe verminose della plebe; e, presentendo la vittoria del bene, inneggiò alla terra benigna, al lavoro rigeneratore, alla fecondità delle razze, al trionfo della giustizia.

Ebbe il coraggio dell’odio e dell’amore, la mania eroica della sincerità: fu un demolitore formidabile e un ricostruttore pietoso. Non possedeva la seconda vista, come certi filosofi del quarto d’ora, che scambiano la scienza col sonnambulismo e con lo spiritismo; non vedeva nulla di là dalla storia e dalla natura; ma, non ostante il suo realismo crudele, aveva fede inconcussa nelle idealità generose della vita.

L’arte non fu per lui un aristocratico gingillo, ma un’arma rude di combattimento; non un passatempo, ma un apostolato. Le ricchezze [p. 48 modifica]acquistate non fecero che alimentare la sua fede nel bene. La gloria non lo distolse dalle fatiche e dai pericoli delle battaglie. Il pensatore, lo scrittore, il cittadino erano in lui proporzionati e armonizzati stupendamente, faceano di lui un uomo-statua, uno di quei monoliti viventi di cui una nazione, feconda come la Francia, non può vantare, in un secolo, che rarissimi esempi.

    clinica medica nell’Università di Catania. Nacque a Nicolosi nel 1834, morì in Catania nel 1906.