Pensieri e giudizi/II/VIII
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VIII.
Amo la musica sopra tutte le arti. Essa comincia dove la parola finisce: è la lingua universale di tutti i cuori che amano e dolorano sulla terra (e che altro è la vita se non amore e dolore?) ci solleva dalla realtà grigia all’impero sterminato e luminoso dei sogni; ci dà il sentimento e la nostalgia dell’Infinito.
Nella musica teatrale preferisco il Verdi a tutti gli altri maestri. Il Rossini è un Dio, che canta, dopo tavola, ebbro di giovinezza immortale. Il Bellini è un angelo che geme alle porte del paradiso perduto. Ma il Verdi, il Verdi è un uomo di genio nel senso più profondo della parola, è il genio dell’uomo che ama, odia, si vendica; che si svincola come Laocoonte fra le spire delle passioni; che si dibatte fra cieli ed abissi; che ha voci soavi di vergine innamorata e squilli di trombe guerriere, gemiti strazianti di moribondi e inni di vittorie liberatrici. I suoi canti ci echeggiano nell’anima per tutta la vita; ci fanno rivivere noi stessi; ci dicono la parola sublime che ci lega alla vita altrui.
Rari sono gli artisti, in cui le facoltà si fondano in una perfetta armonia; rarissimi in cui la potenza del genio si unisca alla purezza del costume e alla nobiltà della vita. Giuseppe Verdi è tra questi magnanimi poeti. Dante e Michelangelo gli sono compagni.