Pensieri e giudizi/II/VI
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VI. 1
7 aprile 1891.
La solennità che qui ci aduna in onore di Giuseppe Zurria, proposta con nobili intendimenti dall’esimio prof. Grassi2, alacremente promossa dall’onorevole commissione, onorata dal consentimento del ministro di P. I., accolta con soddisfazione dai professori di questo Ateneo, con singolare riconoscenza dai Catanesi, con pari entusiasmo dai giovani di tutte le scuole, è ordinata non solo a ricordare la nobiltà delle opere e della vita di questo venerabile capo che da mezzo secolo onora il nostro Studio, ma ad attestare a lui l’ammirazione e l’affetto nostro e a proporre ai giovani un esempio imitabile di una mente sovrana unita ad antica semplicità di costume, di una vita intemerata vissuta interamente al culto della scienza e devota unicamente al proprio dovere.
L’aureola che circonda la canizie gloriosa di Giuseppe Zurria non è fiamma di meteora che abbaglia e stupisce con improvvisi sprazzi di luce e con varietà straordinaria di colori, ma crepuscolo mite, non sai se di tramonto o d’aurora, che diffonde intorno come un fecondo tepore di vita e un limpido sorriso di pace, invitando ai soavi pensieri e persuadendo l’animo ai placidi raccoglimenti della scienza.
A questa aureola, che quasi irradiazione di un’anima innocente ed austera, innamorata del vero e del buono, consecrata dall’opera assidua, aliena per indole e per istudio dalle industrie ingegnose, onde si giovano le anime venderecce per propiziarsi i favori dei potenti e provocare i sorrisi della Fortuna; a questa fronte soave di pensatore, che, inconsapevole della sua gloria, si piega modestamente su le pagine care, spargendo un’aura di paterno compatimento su le torbide ambizioni degli uomini, su gli errori dell’età giovanile, su gli armeggiamenti fragorosi delle vanità che paiono persone, sui volpeggiamenti e le brighe dell’Impostura; a questa vita luminosa nella sua modestia volgetevi siccome a specchio, o giovani speranze del mio paese.
Tempo di battaglie è il nostro; nè io vi esorterò mai di astenervene, di guardare con disdegno infecondo questo immane agitamento del secolo che si sfascia, da cui sorgerà ritemprato dalle lotte e santificato dalle sventure l’ideale augurato dei tempi nuovi. Attendete, sì, ai vostri studi; ma sia fiamma di apostolato l’ingegno, palestra di liberi sentimenti la scuola, arma di conquiste umane il sapere. Le rivoluzioni, che cangiano la faccia del mondo, sono sempre state opera vostra, o giovani; le riforme civili, onde asseta la nova età, siano vostro intento perpetuo. Fate che i vostri studi non siano vana pompa di spiriti superbi, panneggiantisi con alterezza meschina in una erudizione arida e morta; ma parola di vita, missione di giustizia, opera costante ed unanime di civiltà.
Ma tra gli studi e le battaglie, a cui la vita vi appella e in cui s’illustrano e si perpetuano i forti, non lasciate di volgere gli occhi a questo nobile Antico, che vi guarda sorridente e commosso, ed a cui l’ingenua virtù del costume, l’altezza dell’ingegno, l’assiduità del lavoro, la serena coscienza del dovere dànno il diritto di assistere a questa piena, spontanea, unanime acclamazione del nostro affetto, dischiudendogli una seconda giovinezza, e facendogli pregustare le gioie di una primavera immortale.
Note
- ↑ Per le onoranze a G. Zurria, ricorrendo il 50. anniversario del suo insegnamento di Matematica sublime nell’Università di Catania, ove fu più volte rettore. Morì a 86 anni in Catania, sua patria, il 14 settembre 1896.
- ↑ G. B. Grassi allora insegnante zoologia nell’Università di Catania: ora senatore, vive a Roma ove dirige l’Istituto di anatomia comparata.