Pensieri e discorsi/La messa d'oro/I
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I.
Ricordo, ricordo questo rito. Nè soltanto perchè quei colloqui segreti con l’invisibile ronzino ancora in qualche cantuccio della mia anima, rimasto tal quale era nella lontanissima fanciullezza: un cantuccio in cui qualcuno che mutava, di posto, tutto, non entrò, perchè pieno di memorie troppo dolci e troppo meste! No: ho assistito alla messa qualche volta anche dopo. Una volta, ricordo, nel 1887...
Ero in un paese quale io non so se nessun altro meglio compendi il bel paese: così tra monte e mare, tra i faggi e gli aranci: nella piccola Massa dipinta. E si diceva una messa per la morte purpurea di quattrocento giovani nostri, avvenuta a un tratto in un deserto lontano. Erano caduti in un mucchio: erano stati scannati, stracciati, evirati. Il gentil sangue latino era divenuto preda delle iene.
Dacchè l’Italia s’era integrata con Roma, quello era il primo fatto d’armi dopo tre lustri di pace inquieta.
Erano morti da qualche anno il Re e il Dittatore. Era morto chi l’aveva, ai suoi inizi, benedetta, questa terza Italia; chi l’aveva suscitata dalle sue antiche memorie, si era spento anch’esso, il misterioso apostolo e profeta, qui in Pisa.
L’Italia era sola, sola con Roma. Con Dogali cominciava la sua nuova storia Romana. Con un auspicio di sangue e di sventura.
Il sacerdote era all’altare. Un battaglione era schierato nella chiesa. Il popolo ogni tanto correva con gli occhi a quelle file... Così erano quelli di laggiù. Così, anzi, erano morti: allineati, si diceva: al comando. Erano quei medesimi, anzi; e immobili e tetri assistevano al loro funerale. Nel mezzo del tempio, solo scuro fiero, il comandante. E il prete parlava in segreto con l’invisibile... “Ci hanno preceduto... dà a loro luogo di refrigerio di luce e di pace... ti preghiamo... dà loro pace... dà loro pace... dà loro pace eterna... riposino in pace... „
Ed ecco in un silenzio profondo, cui appena turbò un concorde movimento d’armi, ecco sonare, come sospirate, le parole: “Prendi su, Padre... questa vittima senza macchia... „ Le fronti si piegavano. I giovani soldati tenevano sul fucile i visi in un atteggiamento di preghiera, quasi di rimpianto supremo... Il sacerdote alzava l’uomo a Dio; alzava in un calice il sangue della vittima al cielo della gloria.
Nel mezzo, il comandante (era fosco, aquilino, severo) aveva abbassata la spada. La croce s’alzava, la spada s’abbassava.
Quel comandante era ebreo.