Pensieri e discorsi/L'Eroe italico/VI
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VI.
Eppure se si fosse chiesto a lui vivo ciò che ancora chiediamo a lui morto, qual aggiunto dovremmo appiccare al suo nome, come par necessità che si debba appiccare sempre e a ognuno; qual aggiunto di parte o partito, perchè in vero chi è tale da non patir quell’aggiunto, non ha carattere, non è uomo, non è nulla, è un degli ignavi di Dante, nè vivi nè morti; e mettiamo ancora che sia un angelo, ma è di quelli nè ribelli nè fedeli... Ma Dante taglia qui la parola al suo fratello dell’azione, e risponde prima esso, dal volume eterno, e dice:
— Confondereste voi me che feci parte per me stesso, con i neutrali del vestibolo, che non ebbero insegna? Sono io simile a coloro sdegnati dalla giustizia e misericordia? Cieca direste e bassa la mia vita? Direste che il mondo non lascia esser fama per me?
Quel destino di oscurità, cecità, nullità nella vita e nella morte, io l’ho fuggito attraverso l’inferno, per il baratro e per il monte e per le sfere, passando per il fuoco mistico e per la sventura vera, io: io sono il supremamente diverso da quelli che restano nell’atrio, io sono il contrapposto perfetto di colui che fece il rifiuto per viltà: io sono Dante Alighieri e quello è l’innominato. Eppure, sì, è vero, nè egli ebbe parte nè io.
Ma io era libero, perchè la mia voce sicura, balda e lieta sonava la mia volontà! io aveva tagliato con non so quale spada quel nodo che ne impaccia dentro, nodo che io mi spiego in una guisa e voi vi spiegate in un’altra, ma che c’è veramente, retaggio, per me, d’una colpa primitiva, per voi, d’un’antica bestialità.
Ebbene io lo tagliai, quel nodo, con una spada che arrotai alle cote della sventura, e così fui libero, e (ciò che gl’ignavi non seppero o poterono fare) io volli volere, e mentre colui che fece il rifiuto, non fu nulla e non ha nome che lo distingua, io fui io. —
E sottentra il poeta dell’azione, Garibaldi, il quale, interrogato in suo vivente, di che parte o partito fosse, come avrebbe risposto? — Io mi feci parte per me stesso — avrebbe risposto. — Io sono io — avrebbe risposto. In verità, egli aveva quella spada affilata, e tagliò via via il nodo che impacciava la sua anima. Egli congiurò contro Carlo Alberto, e ne fu bandito e condannato a morte ignominiosa; ed egli combattè per Carlo Alberto. Egli aveva, a bordo della sua nave da traffico, bevuto il verbo de’ nuovi cristiani; e offriva il suo braccio al pontefice de’ cristiani vecchi. Egli aveva a Marsiglia stretto la mano di Giuseppe Mazzini, e ora gli aveva detto, e sempre s’era sentito rispondere; e a Teano salutava Vittorio Emanuele, col grido: Salute al Re d’Italia! Dopo la battaglia del Volturno, si rivolgeva “a coloro a cui Dio confidò la santa missione di fare il bene„, e proponeva gli Stati uniti dell’Europa e la fine di ogni guerra. Da un congresso per la pace, moveva le armi contro Roma e per Roma. E sul suo capo incanutito in quaranta battaglie, e in nove e più fra insurrezioni e guerre, mandava i suoi placidi raggi “il sole dell’avvenire„.