Pensieri e discorsi/L'èra nuova/VIII

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VIII.


Direi: quello che non hanno fatto ancora, e che dovevano fare, per impedire che la scienza fosse quello che è sinora, un sole senza calore, luce, e non vita. Essi devono far penetrare nelle nostre coscienze il mondo quale è veramente, quale la scienza l’ha scoperto, diverso, in tante cose, da quel che appariva e appare. Per un esempio: il sentimento, che proviamo alla visione del cielo stellato, è in noi molto diverso da quello che era nel nomade dei primi tempi? Esso fissava l’occhio in qualche gruppo di stelle che facevano un disegno ricordevole. Unendo i punti luminosi trovava che quel gruppo assomigliava a una bestia o a un uomo o a una cosa: bestie, uomini, cose del suo vicinato. In questa lenta e oziosa operazione l’occhio del pastore che disegnava nel cielo, si velava e si chiudeva. Quando si riapriva, dopo qualche po’ di tempo, trovava che il suo leone [p. 122 modifica]o il suo plaustro o il suo cacciatore aveva viaggiato. Si trovava in un luogo diverso del primo. E così vedeva che il cielo si moveva incessantemente. Non anche per noi si muove il cielo, e noi restiamo immobili? Chi di noi, pur sapendo di astronomia molto più di me che non ne so nulla, sente di roteare, insieme col piccolo globo opaco, negli spazi silenziosi, nella infinita ombra constellata? Ebbene: è il poeta, è la poesia, che deve saper dare alla coscienza umana questa oscura sensazione che le manca, anche quando la scienza gliene abbonda. E non dico che la poesia non ci si sia provata; ma in parte ed ancora in modo imperfetto. Ricordo un punto sul quale si esercita la poesia: la infinita piccolezza nostra a confronto dell’infinita grandezza e moltitudine degli astri. Ricordo il Leopardi e il Poe, e potrei ricordare molti altri. Tuttavia sulle nostre anime quella spaventevole proporzione, non ostante che i poeti nuovi fossero aiutati, nel segnalarla allo spirito, dai poeti della prima èra, quella spaventevole proporzione non è ancora entrata nella nostra coscienza. Non è ancora entrata... perchè, se fosse entrata, se avesse pervaso il nostro essere cosciente, noi saremmo più buoni.