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[p. 189 modifica] intendere dai moderni col far sentire e parlare quei personaggi all’antica. Se non che l’offendere il vero, nel primo caso non mi par cosí da schivare, purché si salvi il verosimile, divenendo cosa da puro erudito, quando l’effetto di quella mescolanza è buono, il rilevare che gli antichi non avrebbero potuto provare quei sentimenti, come io soglio anche dire dei vestimenti e delle attitudini nella pittura, ec. dove purché l’offesa del vero non salti agli occhi, vale a dire si salvi il verisimile, sarà sempre meglio farsi intendere e colpire i moderni, che assoggettarsi ad una miserabile esattezza erudita che non farebbe nessuno effetto. Quindi non condanno punto anzi lodo, per esempio, Racine, che, avendo scelto soggetti antichi, che colla loro natura non erano incompatibili coi sentimenti moderni e d’altronde erano per la loro bellezza, tragicità, forza ec. preferibili ad altri soggetti de’ giorni piú bassi, gli ha trattati alla moderna. La sensibilità era negli antichi in potenza, ma non in atto come in noi, e però una facoltà naturalissima (vedi il mio discorso sui romantici); ma è cosa provata che le diverse circostanze sviluppano le diverse facoltà naturali dell’anima, che restano nascose e inoperose, mancando quelle tali circostanze, fisiche, politiche, morali, e soprattutto, [p. 190 modifica]nel nostro caso, intellettuali, giacché lo sviluppo del sentimento e della melanconia è venuto soprattutto dal progresso della filosofia e della cognizione dell’uomo e del mondo e della vanità delle cose e della infelicità umana,