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(77-78) | pensieri | 189 |
pagna, senza il conforto della sensibilità, senza la rassegnazion dolce alle sventure da noi, non da loro, conosciute inevitabili; non poteano conoscere il piacer del dolore, né l’affanno di una madre, perduti i suoi figli, come Niobe, era mescolato di nessuna amara e dolce tenerezza di se stesso ec., ma intieramente disperato. Somma differenza tra il dolore antico e il moderno per cui con ragione si raccomanda al poeta artista ec. moderno di trattar soggetti moderni, non potendo a meno trattando soggetti antichi di cadere in una di queste due, o violare il vero, dipingendo i fatti antichi con prestare ai suoi personaggi sentimenti e affetti moderni, o non interessare né farsi (78) intendere dai moderni col far sentire e parlare quei personaggi all’antica. Se non che l’offendere il vero, nel primo caso non mi par cosí da schivare, purché si salvi il verosimile, divenendo cosa da puro erudito, quando l’effetto di quella mescolanza è buono, il rilevare che gli antichi non avrebbero potuto provare quei sentimenti, come io soglio anche dire dei vestimenti e delle attitudini nella pittura, ec. dove purché l’offesa del vero non salti agli occhi, vale a dire si salvi il verisimile, sarà sempre meglio farsi intendere e colpire i moderni, che assoggettarsi ad una miserabile esattezza erudita che non farebbe nessuno effetto. Quindi non condanno punto anzi lodo, per esempio, Racine, che, avendo scelto soggetti antichi, che colla loro natura non erano incompatibili coi sentimenti moderni e d’altronde erano per la loro bellezza, tragicità, forza ec. preferibili ad altri soggetti de’ giorni piú bassi, gli ha trattati alla moderna. La sensibilità era negli antichi in potenza, ma non in atto come in noi, e però una facoltà naturalissima (vedi il mio discorso sui romantici); ma è cosa provata che le diverse circostanze sviluppano le diverse facoltà naturali dell’anima, che restano nascose e inoperose, mancando quelle tali circostanze, fisiche, politiche, morali, e so-