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*   La somma felicità possibile dell’uomo in questo mondo è, quando egli vive quietamente nel suo stato con una speranza riposata e certa di un avvenire molto migliore, che per esser certa, e lo stato in cui vive, buono, non lo inquieti e non lo turbi coll’impazienza di goder di questo immaginato bellissimo futuro. Questo divino stato l’ho provato io di 16 e 17 anni per alcuni mesi ad intervalli, trovandomi quietamente occupato negli studi senz’altri disturbi e colla certa e tranquilla speranza di un lietissimo avvenire. E non lo proverò mai piú, perché questa tale speranza, che sola può render l’uomo contento del presente, non [p. 188 modifica]può cadere se non in un giovane di quella tale età, o almeno, esperienza.


*   L’incivilimento ha posto in uso le fatiche fine ec. che consumano e logorano ed estinguono le facoltà umane, come la memoria, la vista, le forze in genere ec., le quali non erano richieste dalla natura; e tolte quelle che le conservano e le accrescono, come quelle dell’agricoltore del cacciatore ec. e della vita primitiva, le quali erano volute dalla natura e rese necessarie alla detta vita.


*   Un corollario del pensiero posto qui sopra possono essere delle osservazioni sulla vita degli anacoreti senza disturbi e colla speranza quieta e non impaziente del paradiso.


*   L’espressione del dolore antico, per esempio nel Laocoonte, nel gruppo di Niobe, nelle descrizioni di Omero ec., doveva essere per necessità differente da quella del dolor moderno. Quello era un dolore senza medicina, come ne ha il nostro: non sopravvenivano le sventure agli antichi come necessariamente dovute alla nostra natura, ed anche come un nulla in questa misera vita, ma