Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/743

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[p. 161 modifica] poca fatica, metter cosí bene e a sí gran frutto il suo proprio capitale, coltivare con sí gran profitto il proprio terreno; questa facoltà, dico, che nella lingua greca durò sino alla fine, come venisse cosí presto a mancare nella lingua latina, alla quale abbiamo veduto ch’era non meno naturale e caratteristica che alla greca, a cui poi si attribuí e si attribuisce come esclusivamente sua, verrò esponendolo e assegnandone le ragioni che mi parranno verisimili.


La lingua greca nel tempo in cui ella pigliava forma, consistenza, ordine e stabilità (giacché prima o dopo questo tempo la cosa non avrebbe avuto lo stesso effetto) non ebbe uno scrittore nel quale per la copia, varietà, importanza, pregio e fama singolarissima degli scritti, si riputasse che la lingua tutta fosse contenuta. L’ebbe la lingua latina, l’ebbe appunto nel tempo che ho detto, e l’ebbe in Cicerone. Questi, per tutte le dette condizioni, per l’eminenza del suo ingegno e lo splendore