Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/634
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et à nous croire sur notre bonheur. Ib., p. 153. Queste riflessioni sono osservabili. Non solo nella vecchiezza, ma nelle sventure, ogni volta che l’uomo si trova senza speranza o almeno disgraziato nelle cose che dipendono dagli uomini, comincia a contentarsi di se stesso e la sua felicità e soddisfazione, o almeno consolazione, a dipender da lui. Questo ci accade anche in mezzo alla società o agli affari del mondo. Quando l’uomo vi si trova male accolto o annoiato o disgraziato o in somma trova quello che non vorrebbe, ricorre a se stesso e cerca il bene e il piacere nell’anima sua. L’uomo sociale, finch’egli può, cerca la sua felicità e la ripone nelle cose al di fuori e appartenenti alla società e però dipendenti dagli altri. Questo è inevitabile. Solamente o principalmente l’uomo sventurato, e massime quegli che lo è senza speranza, si compiace della sua compagnia e di riporre la sua felicità nelle cose sue proprie e indipendenti dagli altri, e insomma segregare la sua felicità dall’opinione e dai vantaggi che ci risultano dalla società e ch’egli non può conseguire o sperare. Forse per questo, o anche