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[p. 15 modifica] Nepote, Cesare (8 gennaio 1821).


*    Il veder morire una persona amata, è molto meno lacerante che il vederla deperire e trasformarsi nel corpo e nell’animo da malattia (o anche da altra [p. 16 modifica]cagione). Perché? Perché nel primo caso le illusioni restano, nel secondo svaniscono, e vi sono intieramente annullate e strappate a viva forza. La persona amata, dopo la sua morte, sussiste ancora tal qual’era, e cosí amabile come prima, nella nostra immaginazione. Ma nell’altro caso, la persona amata si perde affatto, sottentra un’altra persona, e quella di prima, quella persona amabile e cara, non può piú sussistere neanche per nessuna forza d’illusione, perché la presenza della realtà e di quella stessa persona trasformata per malattia cronica, pazzia, corruttela di costumi ec. ec., ci disinganna violentemente, e crudelmente, e la perdita dell’oggetto amato non è risarcita neppur dall’immaginazione, anzi neanche dalla disperazione o dal riposo sopra lo stesso eccesso del dolore, come nel caso di morte. Ma questa perdita è tale, che il pensiero e il sentimento non vi si può adagiar sopra in nessuna maniera.