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[p. 2 modifica] deriva dal timore, benché chi teme speri sempre che il soggetto del suo timore non si verifichi. (26 dicembre 1820). Osservate che la passione direttamente opposta al timore, è la speranza. E nondimeno ella non può sussistere senza produrre il suo contrario.


*   Le Filippiche di Cicerone, contengono l’ultima voce romana, sono l’ultimo monumento della libertà antica, le ultime carte dov’ella sia difesa e predicata apertamente e senza sospetto ai contemporanei. D’allora in poi la libertà non fu piú l’oggetto di culto pubblico, né delle lodi, e insinuazioni degli scrittori (non solo romani, ma quasi, possiamo dire, di qualunque nazione, se non de’ francesi ultimamente. E infatti colla libertà romana spirò per sempre la libertà delle nazioni civilizzate). Quelli che vennero dopo, la celebrarono nel passato come un bene, la biasimarono [p. 3 modifica]e detestarono nel presente come un male. I suoi fautori antichi furono esaltati nelle storie, nelle orazioni, nei versi come eroi: i moderni biasimati ed esecrati come traditori. Si alzarono statue e monumenti agli antichi liberali, si citarono, condannarono e proscrissero i moderni. L’elogio della libertà, per una strana contraddizione, fu permesso ne’ discorsi negli scritti e nelle azioni fino ad un certo tempo. Passato quel termine, gli scrittori mutano linguaggio e maledicono nei contemporanei, quello che hanno divinizzato