[p. 358 modifica] altre razze d’uomini alla dominante o cittadina, ed esplicitamente basata sopra questo principio, e ridotta a teoria e dottrina scientifica e filosofica per la prima volta che si sappia (come tante altre opinioni e cognizioni del suo tempo) da Aristotele nella Politica (opera citata spesso da Niebuhr nella Storia Romana come genuina d’Aristotele); questa esclusione, dico, è manifestissima in tutte le legislazioni de’ bassi tempi, nelle quali il favor della legge in difesa delle proprietà o delle persone, ed ogni altro diritto, era quasi esclusivamente per li soli nobili. In Francia un nobile che uccidesse un ignobile non aveva altra pena che di gettare cinque soldi sulla sepoltura dell’ucciso: tale era la legge (Courier). Cosí di tutti gli altri diritti. Ed è ben noto che le legislazioni moderne non sono ancora ben purgate di questo lor vizio originale di distinguere due razze d’uomini, nobili e ignobili ec. Ora i nobili, com’è osservato da’ giurisconsulti e storici, sono per lo piú, e quasi totalmente, in quelle semibarbare legislazioni sinonimo di liberi, d’ingenui, di cittadini, di burghers in Germania (Niebuhr, Storia Romana, p. 283), nazionali, appartenenti alla nazion dominante, e per la quale son fatte le leggi; e gl’ignobili non sono in origine che stranieri, sudditi, servi, membri della nazione vinta e conquistata. Tutte le deplorate perversità delle legislazioni de’ bassi tempi e moderne, relative alla nobiltà (sinonimo d’ingenuità, nazionalità) provengono da quel principio di distinzione tra cittadino e straniero relativamente ai diritti dell’uomo, che abbiamo spesso considerata ne’ piú antichi popoli. Qua pure appartiene la legislazione turca relativamente ai Raja, cioè schiavi, cioè greci, vinti e conquistati, uomini considerati diversi da’ turchi (4 dicembre 1828).