Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4239

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[p. 174 modifica] tutto, eziandio nel chiaro; anzi cercavano il chiaro nell’oscuro; volevano spiegare e non mistificare e scoprire; tendevano a dichiarar colle cose sensibili quelle che non cadono sotto i sensi, a render ragione a lor modo e meglio che potevano, di quelle cose che l’uomo non può comprendere, o che essi non comprendevano ancora. Gl’inventori delle ultime mitologie, i platonici, e massime gli uomini dei primi secoli della nostra era, decisamente cercavano l’oscuro nel chiaro, volevano spiegare le cose sensibili e intelligibili colle non intelligibili e non sensibili; si compiacevano delle tenebre; rendevano ragione delle cose chiare e manifeste, con dei misteri e dei secreti. Le prime mitologie [p. 175 modifica]non avevano misteri, anzi erano trovate per ispiegare, e far chiari a tutti, i misteri della natura; le ultime sono state trovate per farci creder mistero e superiore alla intelligenza nostra anche quello che noi tocchiamo con mano, quello dove, altrimenti, non avremmo sospettato nessuno arcano. Quindi il diverso carattere delle due sorti di mitologie, corrispondente al diverso carattere sí dei tempi in cui nacquero, sí dello spirito e del fine o tendenza con cui furono create. Le une gaie, le altre tetre ec. (Recanati, 29 dicembre 1826).


*    Vi-g-ore coi derivati - vi-v-ore coi derivati. Vedi Crusca.


*    Violato per violaceo, violetto, o appartenente a viole. Vedi Crusca. Lanatus (vedi Forcellini), lanuto per lanosus, lanoso.


*    Violetto. Diminutivo aggettivo positivato.


*    Misceo, mixtus, misto-mestare (quasi da mesto per misto, come meschio per mischio, e meschiare, mescolare ec.), rimestare-mesticare (noi marchegiani diciamo piú alla latina misticare, misticanza ec.), coi derivati.


*    Per il Manuale di filosofia pratica. Pazienza quanto giovi per mitigare e render piú facile, piú sopportabile, ed anco veramente piú leggero lo stesso dolor corporale; cosa sperimentata e osservata da me in quell’assalto nervoso al petto, sofferto ai 29 di maggio 1826 in Bologna; dove il dolore si accresceva effettivamente colla impazienza, e colla inquietezza. Consiste in una non resistenza, una rassegnazione