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[p. 434 modifica] derivi [non] da una determinazione arbitraria della natura a fare che il conoscere o concepire sia piacere, ma da questo stesso, che [p. 435 modifica]l’uomo desidera, illimitatamente il piacere, contro quello che ho inclinato a credere nella teoria del piacere. Del resto questo desiderio infinito di concepire, dev’essere essenzialmente comune anche ai bruti. Vedi p. 180, fine.

E tanto è miser l’uomo quant’ei si reputa, e tanto è beato quant’ei si reputa. Cosí tanto è soddisfatto il desiderio di conoscere o concepire dalla credenza di conoscere, quanto dalla vera conoscenza, e la verità assoluta è totalmente indifferente all’uomo anche per questo capo. Anzi il desiderio infinito di concepire può ben essere in qualche modo e spesso appagato dalla natura col mezzo della immaginazione e delle persuasioni false, ossiano errori, ma non mai dalla ragione col mezzo della scienza, né dai sensi col mezzo degli oggetti reali. Che se l’uomo avesse questa tendenza infinita non al concepire, ma precisamente al conoscere, cioè al vero, perché la natura avrebbe posto tanti ostacoli a questa cognizione necessaria alla sua felicità? Perché avrebbe radicate nella sua mente tante illusioni che appena il sommo incivilimento e abito di ragionare può estirpare, e non del tutto? Perché la verità sarebbe cosí difficile a scoprire? Da che l’uomo tende infinitamente alla precisa cognizione, nessuna verità è indifferente per lui.