Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3794
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come di quelle dei cani ec. si è detto. Del combattere in due partiti d’una stessa specie, fuor dell’api, non si troverà credo altro esempio che negli uomini, perché gli altri animali quando anche combattano tra loro in molti, combattono uno contro un altro confusamente senza veruno amico, o ciascuno contro tutti, perché ciascuno combatte per se solo, mosso dalla propria passione e a fine del proprio, non dell’altrui, né di comun bene.
Quanto sia maggiore la facoltà di odiare che ha l’uomo verso tutti e, posta la società stretta, verso i suoi simili; maggiore, dico, di quella che ha verun’altra specie di animali, basti osservare le orribili e smisuratissime crudeltà che l’uomo col fatto si è mostrato e mostrasi infinite volte capace di esercitare verso i suoi simili a se nemici, sieno d’altra nazione, e questa nemica o amica, ed in tal caso esercitate dalle nazioni intere per costume o straordinariamente, ovvero dagl’individui in particolare; sieno della stessa nazione e società qualunque. Né l’uomo primitivo verso gli altri animali a lui piú nemici, né animale alcuno (per feroce, per insociale ch’ei sia), non pure verso i suoi simili, ma verso l’altre specie a lui piú nemiche, esercitò né esercita mai (se non per bisogno, come nel cibarsene ec., ma non per odio, né a fine di straziarlo, benché lo strazi), neppur nel piú caldo dell’ira e nello stesso combattimento, crudeltà cosí grande che sia degna d’esser comparata a quelle che gl’individui umani di una stessa nazione verso i loro compagni, le nazioni verso le nazioni nemiche, i governi verso i lor sudditi colpevoli o supposti tali, i tiranni ec. ec. esercitarono infinite volte ed esercitano dopo la vittoria, dopo il pericolo, a sangue freddo, spesse volte senza passione veruna, neppur passata (come nelle pene de’ rei), per