[p. 103 modifica] presente e il desiderio di novità. Ma nella vita casalinga la solitudine, l’esser sempre, o il piú del tempo, raccolto in se stesso, l’esser privo o scarso di distrazioni, stante il metodo e l’uniformità della vita e la poca società, lascia libero il campo alle facoltà dell’anima di agire, di svilupparsi, di ripiegarsi sopra se stesse, di meditare, di pensare, di riflettere, d’immaginare, e produce necessariamente un’abitudine di pensiero, che nuoce sommamente, o anche esclude, sí l’abito sí l’inclinazione, sí l’atto dell’operare. E d’altronde l’esser gran parte del tempo lontano dal mondo, dalla società, dagli uomini di fuori; l’abitudine di veder la vita e le cose umane ordinariamente da lungi, produce naturalmente le illusioni e i bei sogni e i castelli in aria, e lascia libero l’immaginare e il figurarsi, e il crearsi il mondo e gli uomini e la vita a suo modo, e dà luogo alla speranza; o perduta ch’ella sia, le agevola il ritorno (perché la speranza, purché sia lasciata fare, e non sia continuamente respinta dalla realtà, per natura dell’uomo indubitatamente e presto ritorna); o indebolita, le dà agio di ristorarsi e rintegrarsi;