Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/339
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benché illusorii, lo consideravano come infelice realmente e cosí viceversa. E non si consolavano mai col pensiero che queste fossero illusioni, conoscendo che in esse consiste la vita, o considerandole come tali o come realtà. E non tenevano la felicità e l’infelicità per cose immaginare e chimeriche, ma solide e solidamente opposte fra loro. (18 novembre 1820).
* Il Laerzio Vit. Platon. l. 3, segm. 79-80. dice di Platone. ἐν δὲ τοῖς διαλόγοις καὶ τὴν δικαιοσύνην θεοῦ νόμον ὑπελάμβανεν (arbitratus est. Interpr.), ὡς ἰσχυροτέραν προτρέψαι τὰ δίκαια πράττειν, ἵνα μὴ καὶ μετὰ θάνατον δίκας ὑπόσχοιεν οἱ κακοῦργοι. ὅθεν καὶ μυθικώτερος ἐνίοις ὑπελήφθη, τοῖς συγγράμμασιν ἐγκαταμίξας τὰς τοιαύτας διηγήσεις (narrationes. Interpr.), ὅπως διὰ τοῦ ἀδ;ηλου τρόπου τοῦ ἔχειν τὰ μετὰ τὸν θάνατον (ut, quod incertum sit ista post mortem sic se habere, admoniti mortales etc. Interpr. ma non bene) οὕτως ἀπέχονται τῶν ἀδικημάτων.
* Alla inclinazione degli uomini di partecipare altrui il piacere e il dolore, notata in altri pensieri, si dee riferire in gran parte la smania (attribuita principalmente alle donne, e propria soprattutto de’ fanciulli, insomma degli uomini piú leggeri e naturali) di rivelare il segreto