<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3335&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20170928141353</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3335&oldid=-20170928141353
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3335 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 324modifica] il piú che possono ignoranti di quanto gli antichi ignoravano. E non altrimenti che inutili al sopraddetto scopo sieno oggidí coloro che tra noi pur pensano qualche cosa (ben pochi e poco), o che da’ paesi di fuori recano a noi qualche pensiero ec., i quali tutti non iscrivono italiano, ma barbaro. E questa separazione e distinzione di gente che scrive in italiano (vero o preteso), e gente che pensa, stimo, per le suddette ragioni, che sempre sia per durare in Italia, mentre questi non prevagliano a quelli, formando finalmente a poco a poco un nuovo italiano illustre e rendendolo universale tra noi in vece dell’antico. Dal che siamo ancora ben lontani, massime oggidí, che il numero e il valore di quelle ombre di filosofi, che ha veduto fin qui l’Italia, va pur sempre notabilissimamente scemando; e sempre per lo contrario crescendo, non il valore, ma il numero di quelli che pretendono e aspirano a scrivere il buon italiano, onde l’Italia è quasi tutta rivolta di nuovo [p. 325modifica]alla sua antica lingua, e di pensieri oramai nulla piú pensa né