Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3327
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che stringono, la vera infelicità della condizione in cui si trova oggidí l’italiano che aspiri ad esser scrittor classico, cioè pensare originalmente, dir cose proprie del tempo, dirle in modo proprio del tempo, e perfettamente adoperare la sua lingua, senza le quali condizioni, e una sola che ne manchi, non si può mai né pretendere giustamente, né ragionevolmente sperare l’immortalità letteraria (alla quale, e sia detto per incidenza, ben raro o niuno è che giungesse per mezzo di opere scritte in lingua non sua; come se noi, spaventati dalle difficoltà che ho detto, e son per dire, volessimo scrivere in francese piuttosto che in italiano).
Un italiano, ancorché pienamente istruito in tutto ciò che si richiede oggidí in qualsivoglia luogo a un perfetto uomo di lettere, ancorché sommamente ricco d’immaginazione e di cuore, ancorché fecondissimo e gravido o di pensieri proprii, importantissimi, profondissimi, novissimi, d’invenzioni, d’idee d’ogni genere convenientissime al tempo; ancorché osservatore, meditatore, ragionatore senza pari; ancorché peritissimo di tutte l’arti e artifizi dello