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[p. 392 modifica] Perché se la conoscessero e sentissero e ne comprendessero tutta l’immensa estensione, se ne spaventerebbero; la mancanza di esse illusioni torrebbe loro quasi il respiro; cercherebbero di rifugiarsi un’altra volta nel seno dell’ignoranza o dimenticanza del vero e del crudelissimo dubbio (dimenticanza che non gli alienerebbe, anzi li ricondurrebbe alla religione), di richiamar l’attività ec. Se non altro, non sarebbero cosí ardenti nel combattere le illusioni, non cercherebbero gloria nel dimostrar la vanità di tutte le glorie, non porrebbero molta importanza nel dimostrare e persuadere che nulla importa e per conseguenza neanche questa dimostrazione.


[p. 393 modifica]*   Dicono che la felicità dell’uomo non può consistere fuorché nella verità. Cosí parrebbe, perché qual felicità in una cosa che sia falsa? E come, se il mondo è diretto alla felicità, il vero non deve render felice? Eppure io dico che la felicità consiste nell’ignoranza del vero. E questo, appunto perché il mondo è diretto alla felicità e perché la natura ha fatto l’uomo felice. Ora essa l’ha fatto anche ignorante, come gli altri animali. Dunque l’avrebbe fatto